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398 ATTO TERZO

SCENA V.

Camera1.

Beatrice e Corallina.

Beatrice. Vien qui, Corallina, sin tanto che Rosaura si spoglia, narrami come la cosa è andata.

Corallina. Oh che imbroglio! Non vi voleva altri che io a uscirne con onore.

Beatrice. Lelio dunque è innamorato di Rosaura?

Corallina. O di lei, o della dote.

Beatrice. Indegno! temerario! Far un’azione simile ad una casa onorata? Che cosa ha detto a Rosaura?

Corallina. Ha principiato a dirle belle2 parole, a farle degli scherzetti.

Beatrice. Ed ella?

Corallina. Ed ella... Lo sapete com’è fatta; s’accomoda facilmente. Ma io! Subito: tacete, bassi quegli occhi, giù quelle mani. Oh, se non era io!...

Beatrice. Manco male: tu sei una giovine di garbo. Le ha parlato di matrimonio?

Corallina. Eccome!

Beatrice. E Rosaura, che diceva?

Corallina. Oh, ella dice presto di sì.

Beatrice. Sfacciatella!

Corallina. Ma io! Zitto lì! Non si parla di queste cose; l’ha da saper la signora madre. Basta; ho gridato tanto, che mi sono infiammata il sangue.

Beatrice. E a Lelio non hai detto nulla?

Corallina. Se ho detto? Se ho detto? Vorrei che mi aveste sentita. Gli volevo fino mettere le mani sul viso. Volete sentire che cosa ha fatto quel temerario?

  1. Edd. Bett., Pap. ecc.: «Camera di Beatrice. Lelio. Ah, per fuggir dai birri, mi sono ricoverato dov’è mio padre. S’egli mi vede, meschino me. Sento gente. M’asconderò in questa camera. Ah, se potessi parlare colla signora Beatrice! Con tutto quel che le ho fatto, spererei guadagnarla. Ella è portata per la gioventù». Segue poi sc. VI, Beatrice e Corallina.
  2. Bett. e Pap.: delle belle.