Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1910, VII.djvu/396

382 ATTO SECONDO

Ottavio. Perchè mi cascano i calzoni.

Beatrice. Eh, uomo da poco, senza riputazione.

Ottavio. Io?

Beatrice. Sì, voi; ho mandato a chiedere il vostro parere per disimpegnarmi con Lelio, e voi avete detto che vada.

Ottavio. Bisognava mettermi in sospetto che Lelio mi potesse ingannare, e allora avrei detto di no.

Beatrice. Siete un pazzo.

Ottavio. Ehi, avete fatto crepare vostro marito, ma con me non fate niente.

Beatrice. Povera la mia figliuola! Che cosa sarà di lei?

Ottavio. Che cosa volete che sia? Niente.

Servitore. Signora, è il signor Florindo che vorrebbe riverirla. (a Beatrice, e parte)

Beatrice. Vengo. (parte)

Ottavio. Eh! quando si tratta di visite, mia sorella è lesta come un gatto. Non si ricorda più di sua figliuola. Oh, io anderò a riposare un poco.1 (si avvia verso il letto, e si chiude)

SCENA XIV.

Camera di Beatrice.

Beatrice e Florindo.

Beatrice. Oh bravo! Siete stato uomo di parola.

Florindo. Quando prometto, non manco.

Beatrice. Sediamo.

Florindo. Mi sono presa la libertà di portarvi quattro dolci del mio paese.

Beatrice. Oh obbligatissima! Troppo compito. ( 1 )

  1. Bett. aggiunge: Chi è di là? Segue poi altra scena: «Arlicchino. Sior. Gh ’ elo più quel vecchio maledetto dalle peae? Ott. Dammi mano. Arl. Son qua. Ott. s’alza. Spogliami. Arlicchino lo spoglia e getta in terra tabarro, cappello e perrucca. La berretta. Arl. Dov’ela? Ott. Presto, la berretta? Arl. Ma dov’ela? Ott. Povero me! Mi raffreddo. Da qui. si mette il cappello d’Arlecchino. Arl. Oh bello! Ott. Andiamo. si fa dar mano. Arl. Dove? Ott. A riposare un poco. Ari. (Oh che porco!) S’avviano verso il letto, e si chiude».