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352 ATTO PRIMO

Ottavio. Chi è? (si sveglia con flemma)

Pantalone. Aveu sentìo cossa che ho dito?

Ottavio. Niente affatto.

Pantalone. Donca cossa faremio?

Ottavio. Quello che fate voi, è ben fatto.

Pantalone. Orsù, deme el testamento de vostro cugnàa, acciò possa servirmene, e farò mi quel che poderò, senza disturbarve.

Ottavio. L’ho io il testamento di mio cognato?

Pantalone. Sior sì. L’altro zorno ve l’ho lassa, acciocchè considerò quel ponto del fidecommisso per la lite che s’ha da far.

Ottavio. Io non me ne ricordo.

Pantalone. L’averè letto pulito!

Ottavio. Quando leggo due righe, mi vien sonno.

Pantalone. Donca vegnimelo a dar, e destrighemose.

Ottavio. Io non so dove sia.

Pantalone. L’avere messo in tel vostro burò.

Ottavio. Bene, prendetelo.

Pantalone. No volè vegnir a darmelo?

Ottavio. Sto tanto bene; non mi incomodate.

Pantalone. Oh caro! Via, le chiave, e lo torrò mi.

Ottavio. È aperto.

Pantalone. El burò averto?

Ottavio. Sì, aperto, io non serro mai.

Pantalone. Dove tegnìu i vostri bezzi?

Ottavio. Tutti in tasca.

Pantalone. E no se fa mai conti?

Ottavio. Mai conti.

Pantalone. Co no ghe ne xe più, i conti xe fatti.

Ottavio. Così per l’appunto.

Pantalone. Bravo. Vago a tor el testamento. (s’alza)

Ottavio. Sì, andate.

Pantalone. E no savè gnente chi pratica da vostra sorella?

Ottavio. Io no.

  1. Cognato.