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350 ATTO PRIMO

Ottavio. Ma se su questa seggiola non ci posso stare.

Pantalone. Ma cossa ghe xe? Dei chiodi, dei spini1?

Ottavio. Via, via, parlate. Vi scaldate per poco. Io non vado mai in collera...

Pantalone. Alle curte: sta putta in casa no sta ben.

Ottavio. Vi è sua madre. (rimescolandosi)

Pantalone. So mare tien conversazion.

Ottavio. Conversazione di chi?

Pantalone. Oh bella! No savè chi pratica in sta casa?

Ottavio. Io non ci abbado. Sento gente andare innanzi e indietro, ma non m’incomodo dalla mia poltrona per vedere chi sia.

Pantalone. Compare, sè un bell’omo.

Ottavio. Mio cognato è morto, ed io son vivo.

Pantalone. Per cossa mo credeu che el sia morto?

Ottavio. Perchè si levava dal letto a buon’ora, perchè andava qualche volta in collera, perchè si prendeva di quei fastidi che non mi voglio prender io.

Pantalone. Ma vostro cugnà v’ha lassà tutor del so sangue in mia compagnia, e bisogna pensarghe.

Ottavio. Oh, ci penseremo. Ecco la mia poltrona.2 (Due servitori portano una poltrona e partono. Ottavio siede) Ora parlate, che vi ascolto con comodo. (si va accomodando ora da una parte, ora dall’altra)

Pantalone. Manco mal. Mi crederia necessario de metter sta putta in t’un retiro, fin che ghe vien occasion de maridarse. Cossa diseu?

Ottavio. Sì, mettiamola.

Pantalone. Gh’ho anca dà qualche motivo, e par che la sia contenta.

Ottavio. Buono. (prende il tabacco con flemma)

Pantalone. Bisogna che pensemo tra de nu, dove che l’avemo da metter.

Ottavio. Ci penseremo. (dà tabacco a Pantalone)

  1. Bett. e Pap. aggiungono: dei corni?
  2. Qui comincia la scena VIII nell’ed. Bett.