Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
344 | ATTO PRIMO |
Beatrice. Voi non siete buono ad altro, che ad infastidir le persone.
Pantalone. Oh, vorla che ghe la diga? Con ela no voggio più aver da far. La venero e la rispetto, ma la me farave perder la pazienza. Siora Rosaura xe sotto la mia tutela, penserò mi a logarlaa, fin che la se marida.
Beatrice. Come? Fareste a me questa ingiuria? Mi levereste la mia figliuola? Giuro al cielo! La mia figliuola...
Pantalone. Le putte no le se mena in maschera tutto el zorno.
Beatrice. A me un affronto simile?
Pantalone. Alle fieb se ghe dà dei boni esempi.
Beatrice. Oh cielo! levarmi la mia figliuola! Rosaura, andereste da me lontana?
Rosaura. Oh, io fo la mia manica, e non so altro.
Beatrice. Giuro al cielo! Ve ne pentireste. (a Pantalone)
Pantalone. (Canta, canta). (da sè)
Beatrice. Parlerò, ricorrerò, anderò alla Giustizia.
SCENA VI.
Corallina e detti.
Corallina. Signora, è venuto il signor Florindo per riverirla.
Beatrice. Vengo. Oh, questa non me la fate certo. (si leva il cappello, e lo dà a Corallina)
Pantalone. (Canta, canta). (da sè)
Beatrice. Io l’ho fatta, io l’ho da custodire, (dà la bauta a Corallina)
Pantalone. (Sì, una bona custodia!) (da sè)
Beatrice. Il signor tutore se ne prende più di quello che gli conviene. (si leva il tabarro, e lo dà a Corallina; cava uno specchio e s’accomoda il toppè).
Pantalone. (Vardè la fantolina!c) (da sè)
Beatrice. Rosaura, andiamo. (Rosaura s’alza, e lascia il lavoro)
Pantalone. Tolè, vien zente, e subito alla putta: andiamo.