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316 ATTO TERZO

Rosaura. Ebbene, don Alonso, che nuova mi recate? È sicura la vostra partenza?

Alonso. Dubito che sia indispensabile.

Rosaura. Voi non mi date che triste nuove.

Alonso. Vorrei potervene dare delle migliori.

Rosaura. Quando sarete mio?

Alonso. Già ve lo dissi, terminata la guerra.

SCENA XVI.

Don Sancio, Pantalone e detti.

Pantalone. La resti servida, illustrissimo padron, i è qua tutti do.

Sancio. È sarà vero che due uffiziali sieno l’inquietudine del reggimento? sieno lo scandalo dell’armata? Don Garzia, ieri io stesso mandai mio nipote in arresto, poichè egli a provocarvi fu il primo. Oggi so che voi lo avete sfidato1 colla pistola. Che vi ha egli fatto? Lo avete in odio? Volete spargere il di lui sangue? Che azione eroica sarà la vostra? Che bell’impresa d’un guerrier valoroso! Il generale sarà informato della vostra condotta, vi darà il premio che meritate.

Pantalone. (Cara ela, la me lo fazza andar via, per amor del cielo). (piano a don Sancio)

Beatrice. Caro don Garzia...

Garzia. Che siate maledetta!

Beatrice. (O che bestia!) (da sè)

Sancio. E voi, don Alonso, non potete staccarvi da questa casa? Qui non è il vostro quartiere. Qui non vi chiamano le vostre incombenze.

Pantalone. Ghe l’ho dito anca mi, che2 el se contenta de andar via: ma bisogna3 che tasa.

Alonso. Io non sono venuto in casa vostra violentemente. Amo la signora Rosaura, e a voi l’ho chiesta in consorte. (a Pantalone)

Pantalone. E mi cossa gh’oggio dito?

  1. Pap. aggiunge: pria colla spada, indi ecc.
  2. Pap.: anca mi, sala, che ecc.
  3. Pap.: ma el gh’ha quella cantinella, bisogna ecc.