Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1910, VII.djvu/245


235

Lelio. Cosa m’importa a me del suo nome?

Florindo. Questo è un amore da pazzo.

Lelio. Voi parlate da traboccante.

Florindo. O cedete Rosaura, o morrete per le mie mani.

Lelio. Voi traifiggerete il riverbero di questo lampo. (si battono)

SCENA IX.

Rosaura e detti.

Rosaura. Oimè! fermatevi. Perchè mai vi battete?

Florindo. Per acquistarvi o morire.

Lelio. Io combatto per le lucide luci della mia bella.

Florindo. O cedetemi questa mano, (accennando quella di Rosaura) o preparatevi di morire.

Rosaura. Fermatevi...

Lelio. Piano un poco. Di qual mano parlate voi?

Florindo. Di questa ch’io stringo in presenza vostra.

Lelio. È questa quella che vi esulcera il cuore?

Florindo. Questa è quella ch’io amo.

Lelio. Armi in fodero: amici come prima.

Florindo. Me la cedete?

Lelio. Tanto penso a lei, quanto penso alle pantofole dei Gran Turco.

Florindo. Oimè! respiro.

Rosaura. Come c’entra il signor Lelio con me? Mio padre non ha egli detto che voi sarete il mio sposo?

Florindo. Oh Dei, lo ha egli detto?

Rosaura. Sì certamente, e mi ha assicurata ch’entro di questo giorno si faranno le nostre nozze.

Lelio. Dentro di questo giorno si faranno anche le mie.

Florindo. Con chi?

Lelio. Colla signora Rosaura.

Rosaura. Con me?

Lelio. Che? anche voi vi chiamate Rosaura?