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parabili fra di loro. Quella onestà che inculcaste nel vostro Teatro Italiano, quella è necessaria nelle sceniche rappresentazioni: quella si osservi, quella si metta in pratica; si sferzi il vizio e non si solletichi; si pongano i difetti in ridicolo e non offendasi la virtù, e non saravvi allora Moralista zelante, che ecciti li Sovrani a demolire i Teatri, e indegne sostenga essere dei Misteri più sacri quelle persone che li frequentano1.

Ma poco avreste Voi fatto, se di massime e di dottrine soltanto aveste i fogli vergati. Potrebbono con ragione opporre gli zelanti alla verità delle istruzioni vostre la difficoltà dell’esecuzione, e con gravità sosterrebbono: il Teatro correggibile essere una chimera, l’onestà incompatibile colle Scene, lo scandalo certo, ed il pericolo manifesto. Voi avete dati gli esempi della correzione, della onestà, delle buone regole, della gravità del Coturno, dell’amenità del Socco, e contentandovi di dar un modello per ciascheduna sorta di Teatrale Componimento, faceste altrui comprendere che per riformare il Teatro mancavano soltanto gli Autori, che Voi e le Opere vostre imitassero. Ma come, e da chi mai imitar potrebbesi la vostra Merope, la quale lasciandosi indietro tutte le Tragedie antiche, sta qual maestosa Regina, mirandosi a piè del trono tutte quelle dei moderni Italiani?2 Io non intendo recar ingiuria ad alcuno, se la Tragedia vostra sopra le altre ho collocata: in ogni genere di animate e inanimate cose, una dee avere sopra delle altre il primato, e se nell’ordine delle Tragedie3 italiane la Vostra Merope ha il primo luogo, si consolino i tragici più valorosi, essere tant’alto di quella il grado, che posti luminosissimi rimangono per essi ancora. Coloro che contro la disonestà del Teatro non cessano di declamare, se questa perfetta opera vostra avessero prima letta, o tacerebbono certamente, o rivolgerebbono le loro grida contro quelli che non si curano di

  1. Si allude manifestamente al p. Daniele Concina e all’opera De spectaculis theatralibus etc, Roma, 1753: contro la quale insorse il venerando Maffei (De’ teatri antichi e moderni, Verona, 1753), e scriveva fin dal 7 maggio di quell’anno al Goldoni: «Le confido che ho fatto una solenne risposta al Concina ecc.» (v. prefaz. della Sposa persiana).
  2. Nell’ed. Pap. c’è solamente: tutte quelle dei moderni?
  3. Pap. ha solo: delle Tragedie.