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sopportar, e xe meggio i servitori un poco semplici, più tosto che troppo furbi. Perchè, dirò co dise quello: el semplice falla per ignoranza, e el furbo per malizia.
Ottavio. Guardate se colui è attento al servizio del suo padrone. S’alza, e se ne va, e mi pianta senza darmi nemmeno la cioccolata.
Corallina. La cioccolata? De che color, lustrissimo?
Ottavio. Come? non bevo io la cioccolata tutte le mattine? Chi credete che io sia, qualche villano?
Corallina. Malignazza sta lissia, sto fumo me fa pianzer i occhi.
Ottavio. Ecco qui, colui mi fa star senza cioccolata.
Corallina. El ghe la farà; xe ancora a bonora.
Ottavio. Questa è l’ora ch’io la prendo; la sera non ceno; se tardo a prenderla, mi si illanguidisce lo stomaco.
Corallina. Se la comanda che la serva mi, la servo subito.
Ottavio. Briccone! Non averà nemmeno acceso il fuoco. Non sarà a tempo la cioccolata, nemmeno da qui a un’ora.
Corallina. Mo via, cossa serve? Se la la vol, la cogoma xe al fogo, presto ghe la sbatto.
Ottavio. Via, giacchè è pronta, la beverò qui.
Corallina. (Za me l’imaginava). (da sè) La compatissa, se no la sarà da par so.
Ottavio. La beverò come sarà.
Corallina. La senta, la xe scura, sala, de color.
Ottavio. Cosa vorreste dire?
Corallina. Che sòi mi, che no la credesse che la fosse doretta.
Ottavio. Credete ch’io non sappia cosa sia cioccolata?
Corallina. Oh, so che la lo sa. So che la xe dilettante, e che sia la verità, la la va cercando per tutte le case che la cognosse.
Ottavio. E quando dico io che è buona, possono star sicuri che è tale.
Corallina. La sentirà la nostra. Vago subito. Intanto, se la se vuol servir de do fettine de salà coll’aggio, la se comoda.
Ottavio. Oibò... a quest’ora no...