Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
166 | ATTO TERZO |
Arlecchino. No gh’avemo gnanca legne da impizzar el fogo.
Corallina. L’osteria non è molto lontana.
Ottavio. Io all’osteria? Non vi è pericolo che ci vada.
Arlecchino. Non avemo un soldo.
Corallina. Fate così; andate a passeggiare, che vi passerà la fame.
Ottavio. Ma il vostro cuoco tornerà a cucinare.
Corallina. Oggi da noi non si desina più.
Arlecchino. Se cenerà sta sera?
Corallina. Nemmeno.
Ottavio. I forestieri come faranno?
Corallina. Or ora se ne anderanno.
Arlecchino. Senza magnar?
Corallina. Senza mangiare.
Ottavio. E voi altri di casa non mangerete niente?
Corallina. Per oggi beveremo la cioccolata.
Ottavio. La tornerò a bevere ancora io.
Arlecchino. La beverò anca mi.
Corallina. Or che ci penso, anche la cioccolata è in fumo.
Ottavio. Dunque?
Corallina. Dunque qui non si mangia, qui non si beve.
Arlecchino. Semo licenciadi.
Corallina. Licenziati e spediti.
Arlecchino. Senza remedio.
Corallina. Senza remissione.
Ottavio. Andiamo. Era venuto qui per la compagnia, non era venuto qui per mangiare. A casa mia non mi manca da desinare. Arlecchino, va subito a scannare due o tre capponi. Schiaccia il capo a sei piccioni; ammazza dodici quaglie del mio serbatoio. Avvisa il cuoco che presto presto tiri la pasta per un pasticcio, e prepari una lauta cena; e voi, Corallina, fate sapere alla compagnia del signor Pantalone, che in casa mia vi sarà da cena per tutti. (parte)
Arlecchino. Siora sì, diseghe a tutti che i vegna dal mio padron, che ghe sarà da cena per tutti, se i ghe ne porterà, (parte)