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LA CASTALDA 139

Lelio. È questa la padroncina di casa? (a Beatrice, additando Rosaura)

Rosaura. Sono una vostra umilissima serva. (a Lelio, inchinandosi)

Lelio. Dite il vero: è ella la serva? (a Beatrice)

Rosaura. (Ditegli di sì). (piano a Beatrice)

Beatrice. (Facciamolo). (da sè) Sì, è la cameriera. (a Lelio)

Lelio. Me ne rallegro infinitamente. Se è così bella la cameriera, con un argomento a fortiori quanto sarà più bella la sua padrona!

Beatrice. (Come ci sbroglieremo noi?) (a Rosaura)

Rosaura. Vi prendete soggezione di un simile babbuino? (piano a Beatrice)

Lelio. Cameriera bellissima, come avete nome? (a Rosaura)

Rosaura. Corallina, signore.

Beatrice. (Oh bella! Il nome della vostra castalda). (piano a Rosaura)

Rosaura. (Mi è venuto alla bocca, non so dir come). (piano a Beatrice)

Lelio. Corallina! Questo è uno di quei nomi che mi piacciono infinitamente.

Beatrice. Perchè?

Lelio. Perchè vi si vede l’ingegno di chi un tal nome le ha dato. Non vedete voi ch’ella ha i coralli nel labbro? La natura l’ha suggerito, l’arte l’ha provveduto, ed è il di lei nome anagramma purissimo della di lei bocca.

Beatrice. Bravissimo. (Che ve ne pare?) (piano a Rosaura)

Rosaura. (Non lo credevo ridicolo a questo segno). (piano a Beatrice)

Lelio. Che dice? (piano a Beatrice)

Beatrice. Loda il vostro spirito. (piano a Lelio)

Lelio. Corallina mia, se voi non foste una serva, avreste a quest’ora fissato il chiodo alla ruota della fortuna.

Rosaura. Che vuol dir, signore?

Beatrice. Non l’intendete? Egli si sarebbe dichiarato per voi.

Rosaura. Non posso crederlo. Non ho io attrattive bastanti per obbligar il cuore di un cavaliere così gentile.

Lelio. Basta; non proseguite, non mi guardate sì tenera, non mi parlate sì dolce, che or ora dimenticandomi chi voi siate, degenero da quel che sono.