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medie goldoniane più note e meglio accolte. I Francesi così infinitamente gelosi delle glorie loro, non gridarono tutti questa volta al sacrilegio. La sincerità dell’omaggio lusingò la vanità nazionale. Luigi Sebastiano Mercier (1740-1814), che col Goldoni era certo in buoni rapporti (Mem., P. III, c. 23), ridusse liberamente in prosa il Moliere. Tra i personaggi, a Valerio sostituì La Torilliere e da due aneddoti del Grimarest (pp. 168, 126) derivò due nuove scene: quella (I, I) dove il poeta rimprovera Lesbino d’aver impiegato le sue traduzioni di Lucrezio per farne diavoletti alla sua parrucca; l’altra (V 4), in cui Moliere sconsiglia Mademoiselle T*** dall’abbracciare la professione teatrale; ma questa scena non si lega in modo alcuno all’azione e solo la ritarda. Altro poco aggiunge e modifica. Nel resto segue l’originale e traduce. Il 14 nov. 1787 questa commedia, subiti nuovi mutamenti (collaboratore P. A. Guys), si eseguì a Versailles davanti ai Reali col titolo la Maison de Moliere ou la journèe du Tartuffe. Ridotta a quattro atti, omesse le parti prima aggiunte, nella nuova lezione resta assai più vicino all’originale. Così la Correspondance del Grimm (Paris, 1878, vol XV, p. 157). Fra il terzo atto e il quarto si recitò davvero il Tartufo. Porel e Monval annotano (L’Odèon. Paris, 1876, vol. I, p. 54) che il lavoro ebbe scarso successo e si fece sei volte soltanto. Anzi, secondo il Bachaumont (Mém. historiques ecc. Paris, 1809, vol. III, p. 456), successo non vi fu. Egli vi loda solo la Bellecour (servetta) per il brio e la verità. Però la statistica del Joannidés (La Com Franç., 1901, p. 53 e passim) attesta che fino al 1812 la Mais. d. M. si recitò ben 47 volte. Intorno a una recita seguita nel giugno del 1804 si legge nel Journal de Stendhal (Paris, 1908, p. 50): «La Maison a un succès complet... Cette pièce est charmante de naturel. Goldoni est peut-etre le poete le plus naturel qui existe, et le naturel est une des principales parties de l’Art. Le personnage de Moliere, surtout si bien joué par Fleury, tourne admirablement».

Nel 1801 il Moliere venne compreso tra i Chef-d’oeuvres dramatiques de C. G., tradotti da A. A. D. R. [Amar Durivier] col testo originale a fronte (Lyon et Paris, vol. II, p. 210-399). I grandi elogi al Gold, nella prefazione si affievoliscono non poco a tutto vantaggio del Mercier nell’Esame che segue la traduzione. Ancora una traduzione diede alla Francia nel 1822 Stefano Aignan (Chefs-d’oeuvre du th. ital.: Goldoni.) il quale non esita punto «a scorgere nel Mol. del G. il suo capolavoro» (p. 177). Per la fortuna di questa commedia a Parigi piace ricordarne l’esumazione fattane ancora il 16 dic. 1897 all’Odeon (cfr. F. Sarcey. Le «Moliere» de G. Conference, Revue des cours et conférences, 9 genn. 1898) nella versione dell’Aignan.

Altre due traduzioni ci son note: la tedesca, in prosa, del Saal (vol. IV), e una libera versione olandese, in versi, di P. J. Kasteleyn (Amsterdam, 1781), il quale — m’avverte il prof. Van der Berg di Nymegen, cui debbo preziose notizie sulla fortuna del Gold, in Olanda — conosceva anche il Mercier, ma seguì solo l’originale, tagliando qua e là e sacrificando del tutto il co. Lasca. Da ultimo convien far cenno pure dell’Originale del Tartufo, la nota commedia del Gutzkow, popolarissima in Germania. L’idea di mostrare Moliere in lotta aperta con l’ipocrita da lui satireggiato, sarà tutta sua e l’incontro col Goldoni solo fortuito, come vuole l’autore (Das Urbild des Tartuffe, 2a ediz., Lipsia, 1862, p. 110)? La dipendenza dal Nostro affermano