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Bonifazio Rangoni, grande amatore del teatro e suo protettore (vedi Masi, Lettere di C. G., p. 112), «col vantaggio d’averlo benignamente dell’autorevole sua approvazione fatto degno» (ded. dei Mercatanti, ediz. Pasq. vol. IX, p. 95). La fortuna accompagnò questa commedia fin nella seconda metà del secolo scorso. Vinsero contro lo scarso merito intrinseco dell’opera la vanità degli attori, felici di mostrarsi ne’ panni del gran Moliere, la parte di Pirlone d’effetto sicuro a un buon caratterista e, non ultima ragione, la voga ch’ebbero un tempo i drammi biografici. La recitò Jacopo Corsini (V: Nota al Servitore di due padr.) tra il 1775 e il 1776 tre volte al Teatro di Via del Cocomero a Firenze e per ciascuna di queste recite resta una sua ottava cantata, relative tutte alla figura dell’impostore. Nel 1820 la ritroviamo a Milano nel repertorio della Comp. Perotti (Seconda continuaz. d. serie cronol d. rappr. del Tea. di Mil. 1821, p. 135) e l’anno dopo in quello della Reale Sarda appena fondata (Costetti, La C. R. S. ecc., p. 15); di nuovo a Milano nel 1829 recitata con plauso dalla famosa Comp. Goldoni del Duca di Modena (I teatri, 1829, III | 2 p. 371). Si rappresenta a Modena negli anni 1767, 1845 e 1861 (V. Tardini. La dramm. nel n. tea. com. di Mod. 1898, pp. 39, 135, 136), a Zara (Comp. Coltellini e Ristori) nel 1855 (Sabalich, C. nel passato teatr. di Z. Il Dalmata, 27 febbr. 1908), all’Arena del sole di Bologna (Comp. Zamarini) nel 1860 (Cosentino, L’A. d. s. Bol. 1903, p. 113). Assai frequente ricorre pur tra le recite filodrammatiche (1807 [Martinazzi, Acc. de’ Filo dramm. di Mil. 1879, p. 121]; 1834-35 [Soc. filarmonico-dramm. Memorie, Trieste, 1884, p. 26]; 1872 [Prinzivalli, Acc. filodr. rom. Temi, 1888, p. 195]). Fra i grandi attori che impersonarono il Moliere goldoniano va ricordato Ernesto Rossi (V. Planiscig, Cenni cronistoria sul tea. di Soc. di Gorizia. 1881, p. 81) e ottimo Pirlone fu Antonio Papadopoli, assicura un suo biografo: «In Pirlone nel Moliere di Goldoni, non è egli il perfetto ritratto del bacchettone che sotto mantello di santità nutre impurissimi affetti, dell’ipocrita che pone, come dice Elvezio, il suo punto d’appoggio in cielo per mettere sottosopra la terra?» (Dell’attore comico A. P. Zaratino, Zeira, giugno 1856).

Ne mancò alla commedia fortuna di rifacimenti e traduzioni in Italia e fuori. Fra gli imitatori primo l’ab. Pietro Chiari col suo Moliere marito geloso pure in versi martelliani, rappresentato nel ’53 a Verona, poi a Venezia. «A lavorare su tale argomento — confessa l’autore — e lavorarci con questo metro novello mi fu allora di stimolo l’altra Commedia intolata Moliere, esposta pria dal Sig. Dottor Goldoni alle Scene» (Comm. in versi del Fab. P. C. Ven. 1757, vol. II, p. 8). Era una continuazione del Moliere goldoniano con gli stessi personaggi, tolto Pirlone e sostituito al conte Lasca un marchese D’Estramb. Anche le velleità polemiche non mancano. Identità d’ambiente, di personaggi, di intenti e di forma giustificano le accuse di pedissequa imitazione, anzi di plagio, mosse all’autore (Sommi-Picenardi, op. cit., p. 24; Neri, op. cit., p. 61 segg.). «Produsse il Molier ammogliato, copiando l’originale del mio dimidiato Terenzio [Goldoni]» scriveva del Chiari, biasimando, l’anonimo autore [S. Sciugliaga] delle Censure miscellanee sopra la commedia (Ferrara, 1755, p. 38). Opponevano i partigiani del Chiari che tra i due lavori «v’ha quella differenza che passa fra una maritata ed una da maritarsi» (Dispaccio