Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1910, IX.djvu/66

56 ATTO SECONDO

Rainmere. Bene obligato.

Giacinto. Mi siete amico? mi volete bene?

Rainmere. O signore... (con riverenza)

Giacinto. Datemi un bacio.

Rainmere. Bene obbligato. (si danno un bacio)

Giacinto. Ehi, mi prestate questi dugento ducati?

Rainmere. No, perdonate.

Giacinto. Mi siete amico?

Rainmere. Sì, amico.

Giacinto. E non mi volete prestare dugento ducati?

Rainmere. No, perdonate.

Giacinto. Andate, che siete un tanghero.

Rainmere. (Lo guarda bruscamente.)

Giacinto. Mi guardate? credete di farmi paura?

Rainmere. (Lo guarda come sopra.)

Giacinto. Viene a mangiar il nostro1, e non si può avere un servizio.

Rainmere. (Smania per la scena, movendo il bastone.)

Giacinto. Che c’è, signore, mi fareste qualche affronto? Son uomo di darvi soddisfazione; e imparate a trattare con gli uomini della mia sorta. E quando un galantuomo vi domanda dugento ducati in prestito, non gli avete a dir di no. Monsù, ci siamo intesi. (parte)

SCENA V.

Rainmere, poi Faccenda.

Rainmere. Gioventù scorretta, mal educata, ignorante!

Faccenda. Signore, il padrone è a Rialto, che l’attende. Mi mandava in traccia di lei, pregandola di lasciarsi vedere, che gli preme assaissimo.

Rainmere. ((Rimproveri? temerità? impertinenze?) (da sè, passeggiando)

Faccenda. È in bottega del caffè, signore, in un camerino. Non si vuol lasciar vedere, se ella non va a consolarlo.

  1. Pap.: a mangiarci le spalle.