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Di lui dopo il 1754 non si fa più menzione nelle opere del Goldoni. Il quale del resto già per dare alla lettera di dedica la mole conveniente s’arrampicò sugli specchi. Vi cacciò dentro, manco a dirlo, la Regina di Cipro, l’assedio di Famagosta, la vittoria di Piali e Lala Maometto per conto di Selim II (ch’egli amabilmente celiando ribattezza in Mustafà) nonchè la Vita sobria di Luigi Cornaro, sdoppiata per un curioso lapsus calami in due opere diverse. E non basta ancora, che di punto in bianco si passa all’elogio del gondoliere-poeta Antonio Bianchi, al cui caldo appoggio il Goldoni volle così render pubbliche grazie. L’onesto intelligente popolano, accusato di plagio da G. A. Costantini, si difese strenuamente e nella polemica sua col Costantini intorno al Marito dissoluto del Grisellini tolse occasione a esaltare il Goldoni. «Presi per mano, scrive, quel nuovo codice di leggi poetiche [cioè le Lettere critiche di Giuseppe Costantini sul lavoro del Grisellini], che per verità, tratto tratto mi mossero a riso, e per la loro consistenza, e per la bizzarrissima arditezza del Dittatore: cosa, a cui non s’arrischiò un Dottore Goldoni, che va preceduto da nientemeno di cinquanta commedie applaudite dall’Universale, unite al merito di glorioso Riformatore delle Italiane Scene, sovra le quali riportò la correzione de’ vizi, e le saggie massime della morale» (La formica contro il leone ovvero apologia di Ant. Bianchi ecc. Venezia, MDCCLIII, Dorigoni, p. 17). Nel 1766 poi, coi tipi del Fenzo, lo stesso Bianchi pubblicò a Venezia un dramma comico dal titolo La buona figliola supposta vedova, cioè una continuazione ai due noti libretti goldoniani tratti dalle Pamele. Nella prefazione si scusa del sommo suo ardire e con evidente allusione alla dedica della D. v. aggiunge: «nell’Insigne Autore di que’ due pregiatissimi Drammi venero un Maestro, rispetto un Padrone, ed anco un Amico, al di cui benigno genio, dimostratomi persino ne’ suoi scritti, ho sempre professato la più costante gratitudine e dipendenza». (A Neri. Una lettera ignota di C. G., in Natura ed arte, 1893-94, 5 febbr.).
Questa commedia uscì la prima volta nel t. VII dell’ed. Paperini di Firenze, sulla fine del 1754: con la stessa data fu ristampata a Pesaro (Gavelli, VII) e a Bologna (Pisarri, IV; Corciolani, X, ’55), e nel ’57 a Torino (Fantino-Olzati, IX). Fu poi di nuovo impressa a Venezia dal Savioli (VI. 177!) dal Pasquali (XVI. ’78?) dallo Zatta (ci. 2.a, VII. '91). a Torino (Guibert-Orgeas. XIII. ’74). a Lucca (Bonsignori XVIII. ’89). a Livorno (Masi, XIX, ’91) e altrove nel Settecento. - La presente ristampa seguì con maggior fedeltà il testo più curato del Pasquali, messo a riscontro con le altre edizioni.
Fine del nono volume.