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di G. A. Federico, celebre nella musica del Pergolese (1733), la figura della fantesca che tiranneggia tutta una famiglia non era nuova al teatro. Il Goldoni, schivo forse di mostrarsi per vie già da altri battute, evita sempre la parola serva nel titolo. A buon diritto ricorda il Landau qual precursore al Goldoni in questo genere di commedie il simpatico scrittore senese, senza però accennare a imitazione diretta. Ma le affinità tra la favola della Serva padrona e quella della Donna vendicativa non mancano. In tutte e due la serva si fa padrona per la dabbenaggine d’un vecchio, senilmente preso di lei. Corallina, come già Pasquina, lusinga il padrone per interesse, ma in verità ambisce le nozze d’un giovane che nel lavoro del Nelli sfrutta questa passione per levar alla donna roba e quattrini: in quella del Goldoni per averne agio a vedere Rosaura. Spogliano tutte e due la casa dove sono, e tutte e due si lagnano del contegno dei figlioli e fingono di voler andarsene. E i vecchi, messi alle strette, cercano di sbarazzarsi della prole. Anche in qualche episodio lo spunto potè esser offerto dalla commedia del Nelli. Da ultimo però nella D. v. il solito pentimento con ampia confessione di reati e l’inevitabile perdono: nel Nelli invece il meritato castigo con la cacciata della donna perversa.
Alle ingiurie del tempo si sottraggono ancora, e discretamente bene, quasi interi i due primi atti dove abbondano dialoghi di gustosa vivacità e le figure, tutte, si staccano nette ne’ loro diversi atteggiamenti: ma non il terzo, composto con pernicioso spostamento di paesi e di tempi, «al costume degli spagnuoli» intricato così da renderne oscura l’azione. E certo per fedeltà ai drammi de capa y espada vi si fa tanto inopportuno, seppur incruento, sciupio di spade coltelli e pistole.
Più ai difetti che ai pregi intesero i rari giudici di questo lavoro. Solo il Falchi rileva giustamente l’energia insolita dei personaggi: concede però, come sempre, troppo alla tesi del suo libro comprendendo Corallina tra le «poche donne malvagie del Goldoni» (Intendimenti sociali di C. G., Roma, 1907, pp. 77, 78, 85). Il Royer scorge solo alcunchè di buono nell’osservazione dei costumi e de’ caratteri, e mette la Donna vendic. tra le commedie prive d’invenzione creatrice. Corallina «par sa conduite comme par ses remords tardifs.... tombe dans le mélodrame le plus vulgaire du monde» (Hist. univ. du théâtre. Paris, 1870, vol. IV, p. 292). Per il Rabany questa commedia inclina troppo al serio e gli pare fiacco lavoro «comme toutes les pièces qui contiennent des allusions à des faits particuliers» (op. cit., p. 347). Dove poi si contengano nella commedia queste allusioni il critico non dice e noi non sappiamo scorgerle.
La virtù oltraggiata dal contegno, dai maneggi di Corallina e da qualche equivoco poco pulito, sfuggito alla penna dell’autore, avrebbe fatto inorridire il buon Schedoni se avesse letto questo lavoro. Lo lesse per lui il Meneghezzi e non tace il suo sdegno: «Riproviam parimenti [s’allude alla Sposa sagace] quella D. v., carattere impresso di tutte le più abbiette qualità, che trama tante insidie perchè la figlia del suo benefattore cada nelle mani di un uomo bestiale, ed ove l’Autore fa succedere nel terzo atto molti e poco delicati intrighi notturni, e dove finalmente l’autrice scellerata di tante inique trame non ha altra pena che quella di tornarsene a vivere nel proprio paese nella pristina condizione» (Della vita e delle opere di C. G. ecc. Milano, 1827, p. 150).