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492 | ATTO PRIMO |
Rosaura. Dite il vero, Corallina?
Corallina. È così senz’altro.
Florindo. Eh, non sarà poi così.
Corallina. Se non lo credete, domandatelo al signor Ottavio; egli non averà riguardo di dirlo, che sposando me, non isposa già una qualche villana. Servo, è vero, ma son nata bene. Mio padre si sa chi era.
Florindo. Un parrucchiere.
Corallina. Signor no, era un monsieur che negoziava di capelli,1 e stava in bottega per suo divertimento, e sono stata allevata come una dama, e chi non mi vuol, non mi merita. (irata)
Florindo. (Ho capito, parla con me). (da sè)
Rosaura. Cara Corallina, di che mai vi riscaldate? Io sono contentissima che il signor padre vi sposi; basta che voi facciate che dia marito anche a me.
Corallina. Volentieri. L’avete trovato il marito?
Rosaura. Eccolo lì, il signor Florindo.
Corallina. Davvero? Me ne rallegro.
Florindo. Eh, per l’appunto, ella dice così.
Rosaura. Come, signor Florindo? Non mi avete voi promesso?
Florindo. Non occorre che voi diciate...
Corallina. Lasciatela dire. Parlate, signora, se volete che operi per voi.
Rosaura. Il signor Florindo mi ha promesso di sposarmi.
Corallina. Bravissimo.
Florindo. (Non vi è più rimedio). (da sè)
Corallina. E se il signor padre non volesse?
Rosaura. Mi voleva sposare anche ch’egli non volesse.
Corallina. Di più ancora? (verso Florindo)
Florindo. (Non so che mi dire, sono confuso). (da sè)
Corallina. Signor Florindo, bisogna mantener la parola; se le avete promesso, dovete sposarla.
Florindo. Corallina, vi conosco.
- ↑ Così l’ed. Zatta; nelle edd. Paperini, Pasquali ecc. leggesi cappelli.