Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1910, IX.djvu/48

38 ATTO PRIMO

Pasquino. Pensa, e risolvi.1

Corallina. Ma di quel che t’ho detto, zitto.

Pasquino. Zitto.

Corallina. (Se sapessi come far entrar in quella borsa degli altri zecchini! Basta, m’ingegnerò). (da sè; parte)

SCENA XII.

Pasquino, poi Faccenda.

Pasquino. Per altro, se ha da accrescersi la dote di mia moglie, l’ho da sapere ancor io.

Faccenda. Amico, ho veduto che parlavi con Corallina; va innanzi questo matrimonio?

Pasquino. Il matrimonio rimane indietro per cagione della dote.

Faccenda. Come della dote? Non ti capisco.

Pasquino. Ti dirò in confidenza, ma non dir niente a nessuno.

Faccenda. Oh, non v’è dubbio.

Pasquino. Corallina ha dato dei denari al signor Giacinto, ed egli le paga il dieci per cento, e va il capitale sopra il frutto della dote.

Faccenda. (Ho inteso, stanno freschi). (da sè) E non seguirà questo matrimonio, se il signor Giacinto non rende questi denari a Corallina?

Pasquino. Tu vedi bene: è la dote.

Faccenda. Amico, t’auguro buona fortuna.

Pasquino. Obbligato. Siamo tutti in casa, staremo allegri. Caro Faccenda, ti prego, non lo dire a nessuno.

Faccenda. Non parlo, non dubitare.

Pasquino. È una gran bella cosa la segretezza. (parte)

Faccenda. (Vado a dirlo al signor Pancrazio). (da sè; parte)

  1. Segue nell’ed. Pap.: «Cor. Ci penserò. Pasq. Eh, avverti ben sopra tutto: fedeltà e onoratezza. Cor. Sai chi sono, non v’è pericolo. Pasq. Con gli uomini non ti domesticare. Cor. Non presenterei ne pure un dito, se mi dessero due zecchini. Pasq. Eh, per due zecchini... un dito... Cor. Basta, son donna che mi saprei regolare. Pasq. Ed io son uomo che sa adattarsi alle congiunture. Cor. Ma di quel ecc.».