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450 | ATTO TERZO |
SCENA XII.
Corallina e detto.
Corallina. (Eccolo qui quel suggettaccio). (da se)
Ottavio. Signora Corallina, la riverisco.
Corallina. Serva sua divotissima. (con ironia caricata)
Ottavio. Padrona mia sguaiatissima.
Corallina. È un signore molto grazioso vossignoria.
Ottavio. I suoi riflessi, signora.
Corallina. Eh, io non sono nè bella, nè graziosa, nè spiritosa.
Ottavio. Ho tanto rispetto per lei, che non ardisco di darle contro.
Corallina. Ma con tutto questo, ho più denari in tasca che lei.
Ottavio. Oh senz’altro. Fra il salario, gli avanzi di tavola, le chiavi della dispensa, quelle della cantina, qualche ambasciata, qualche viglietto amososo, chi ha spirito fa denari.
Corallina. Come! Io una ladra? Io una mezzana? Mi maraviglio di voi. Sono una fanciulla onorata.
Ottavio. Ditemi la verità, che cosa frutta più? La dispensa, la cantina, o l’acciarino? (fa il cenno di batter l’acciarino)
Corallina. Cos’è questo battere l’acciarino? Con questa impertinenza offendete me, offendete la mia padrona.
Ottavio. Ambasciate amorose a lei non ne avete mai fatte?
Corallina. Signor no, mai.
Ottavio. La vostra padrona è tanto sincera, che non le darebbe l’animo di dir così.
Corallina. Sentite che impertinenza!
Ottavio. Ma quando sarà mia moglie, vossignoria averà finito.
Corallina. Si fanno dunque queste nozze?
Ottavio. Si fanno, non1 si fanno... Dico che se la signora Beatrice fosse mia moglie, le ambasciate sarebbero finite.
Corallina. Eh sì, queste nozze si faranno senz’altro.
Ottavio. Perchè, signora?
- ↑ Zatta: o non.