Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
442 | ATTO TERZO |
Ottavio. Oh siate benedetto! Mi contenterò d’ogni cosa. In casa non vi sarò disutile. Avrò gli occhi alla vostra economia, alla vostra servitù.
Pantalone. No, vu no ve n’avè da impazzar.
Ottavio. Signore, voi ne avete di bisogno. Il vostro spenditore vi ruba; lo so di certo.
Pantalone. Ma come lo saveu?
Ottavio. Giuoca, ha una pratica, è un briccone, e so che certamente vi ruba.
Pantalone. Furbazzo! Lo cazzerò via.
Ottavio. E il cuoco va d’accordo con lui, e tutti vi rubano.
Pantalone. Vu me mette in t’una gran agitazion.
Ottavio. In fatti è una cosa dura. Voi siete un uomo così sottile che, come si suol dire, scorticherebbe il pidocchio per avanzar la pelle, e quei bricconi vi rubano!
Pantalone. Sior Ottavio, questa xe un’insolenza. Mi scortegar el peocchio?
Ottavio. Per amor del cielo, non ve ne offendete. Questo è un proverbio che si usa per ispiegare l’economia.
Pantalone. Basta; per far ben, no vorave aver dei disgusti.
SCENA IV.
Lo Spenditore di Pantalone, e detti.
Spenditore. Signor... (a Pantalone)
Pantalone. Sior spenditor, sè vegnù a tempo.
Spenditore. Signore, presto, per amor del cielo...
Pantalone. Coss’è sta?
Spenditore. La signora Rosaura... Oimè!
Pantalone. Presto, cossa xe sta?
Spenditore. È fuggita di casa, e non si sa dove sia; solo si è rilevato aver ella chiesto ad un bottegaio dove sta di casa il signor Florindo.
Pantalone. Oh poveretto mi! Presto, mandèghe drio.
Spenditore. Subito. (parte)