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IL CONTRATTEMPO | 439 |
lento io l’ho, sperava in poco tempo francarmi, e non credeva che così subito mi dovesse arrivar addosso un conteggio sì stravagante.
Pantalone. Vedeu, sior Ottavio? Anca questa la xe poca prudenza esponerse a far una cossa che no se sa, sul fondamento de dir gh’ho del spirito, imparerò.
Ottavio. E pure col tempo imparerò.1
Pantalone. Sì, imparerè, e invece de pagar el maestro, vorressi trovar un minchion che ve pagasse vu.
Ottavio. Ma caro signor Pantalone, se voi mi abbandonate, io son disperato. Brighella vi avrà detto...
Pantalone. Brighella m’ha dito tutto, e el m’ha parlà de vu con tanto amor, e el m’ha tanto savesto dir, che m’ho impegnà de assisterve in quel che posso.
Ottavio. Signore, per amor del cielo.
Pantalone. Gran obligazion gh’avè con Brighella, el xe un gran bon omo.
Ottavio. Sì, è vero. È un uomo di buonissimo cuore. Ha i suoi difetti, ma in fondo è buono.
Pantalone. Ma che difetti gh’alo?
Ottavio. È ignorante, ostinato, per altro poi è un buonissimo galantuomo.
Pantalone. Vu però de un vostro benefattor no doveressi gnanca parlar cussì.
Ottavio. A dir i suoi difetti, non fo torto alle sue virtù; quel ch’è buono, è buono, quel ch’è cattivo, è cattivo, e non si può nascondere la verità.
Pantalone. Ma vol la prudenza, che se loda el ben, e che se tasa o che se dissimula el mal.
Ottavio. È vero, avete ragione; da qui avanti lo voglio fare. Voglio mettermi anch’io sull’aria dell’adulare.
Pantalone. No dell’adular, ma del parlar con cautela, con civiltà, con respetto.
- ↑ Zatta: impararei.