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IL CONTRATTEMPO 419

Ottavio. È in sala, che non ardisce...

Beatrice. Corallina, fallo passare; metti un’altra posata, e fa che mettano in tavola.

Corallina. (Può essere che tu abbia introdotto il signor Lelio per tuo malanno). (da sè, parte)

SCENA V.

Ottavio e Beatrice.

Beatrice. Voi avete detto a Corallina, ch’io sono una pazza.

Ottavio. Io ho detto questo?

Beatrice. Sì, certamente, ed ella è pronta a sostenerlo anche in faccia vostra.

Ottavio. Signora Beatrice, vi giuro sull’onor mio, non me ne ricordo.

Beatrice. Voi parlate senza pensare.

Ottavio. Io non credo d’averlo detto.

Beatrice. L’avete detto. (alterata)

Ottavio. Non l’avrò detto con animo d’oltraggiarvi.

Beatrice. Così non si parla di chi si ama.

Ottavio. Ditemi, signora Beatrice, in via d’onore, avete mai detto voi, fra voi stessa almeno, ch’io sono un pazzo?

Beatrice. Se l’ho detto fra me medesima, non lo ha sentito nessuno.

Ottavio. Dunque il male non è, ch’io l’abbia detto, ma che voi lo abbiate saputo. Corallina ha la colpa.

Beatrice. Signor Ottavio, voi vi prendete spasso di me.

Ottavio. Sentite, vi amo tanto, conosco tanto i benefizi che voi mi fate, che se dovessi diventare un principe senza di voi, giuro a tutti i numi del cielo, rinunzierei qualunque fortuna; e se quel che io vi dico, non lo dico di cuore, prego il cielo che mi fulmini, che mi incenerisca, e non mi lasci mai aver bene.

Beatrice. (Povero Ottavio, è di buon cuore). (da sè)