Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1910, IX.djvu/430

416 ATTO SECONDO

Corallina. L’altra posata?

Beatrice. Sì, non voglio scene.

Corallina. E viva il signor Ottavio.

Beatrice. Ottavio deve andarsene di casa mia.

Corallina. Quando?

Beatrice. Quando vorrò io.

Corallina. Eh, non anderà poi altrimente.

Beatrice. Sì, se n’anderà.

Corallina. Mi creda, che non se n’anderà.

Beatrice. Temeraria, non fare ch’io mi sfoghi con te.

Corallina. (Non ci mancherebbe altro). (da sè)

Beatrice. Senti, è stato battuto.

Corallina. (Sarà lo scroccone). (da sè, forte)

Beatrice. Che dici?

Corallina. Niente, signora, vado a vedere. (parte, poi ritorna)

Beatrice. Farmi però, che senza un forte motivo non avesse dovuto esaltare cotanto la beltà, il vezzo della signora Rosaura. Costui n’è innamorato. E ardisce in faccia mia di vantarlo?

Corallina. Signora. (portando Coltra posata)

Beatrice. E forse quel temerario d’Ottavio?

Corallina. No, signora. Non è lui.

Beatrice. E perchè porti quella posata?

Corallina. Perchè me l’avete comandato.

Beatrice. Se non è lui, non occorre.

Corallina. La porterò via.

Beatrice. Aspetta... mettila lì.

Corallina. (Per verità, la mi vuol far impazzire). (da sè)

Beatrice. Chi ha picchiato?

Corallina. Il signor Lelio.

Beatrice. A quest’ora?

Corallina. Credeva aveste pranzato.

Beatrice. Che cosa voleva egli da me?

Corallina. Farvi una visita.

Beatrice. L’hai tu licenziato?