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392 ATTO PRIMO

SCENA II.

Beatrice sola.

Gran temeraria è costei! E vero che mi ama, e quel che dice procede da amore, ma è troppo insolente, non distingue i termini, le convenienze, il rispetto. Ottavio ha il suo gran merito. Voglio credere che in qualche occasione la sua franchezza gli abbia alquanto pregiudicato: ma finalmente la sua virtù lo farà risorgere. Se otterrà egli in Bologna un impiego che gli convenga, sarà facile ch’io condiscenda a sposarlo. Un anno solo m’obbliga il testamento alla vedovanza per conseguire il legato. Son passati tre mesi, passeranno anche gli altri nove.

SCENA III.

Brighella e la suddetta.

Brighella. Servitor umilissimo.

Beatrice. Oh Brighella, che vuol dire che son due giorni che non ti vedo?

Brighella. Ho avudo un poco da far, e adesso son qua a darghe una bona nova.

Beatrice. Toccante forse il signor Ottavio?

Brighella. Appunto, una bona nova de lu. S’ha trova un impiego, e el starà ben.

Beatrice. Davvero? Me ne rallegro. Che impiego ha egli ottenuto?

Brighella. El sarà primo ministro del negozio del sior Pantalon dei Bisognosi.

Beatrice. Ma come, se egli mi ha detto più volte, che di mercatura non se ne intende?

Brighella. Eh, che quella testa sa de tutto. L’è un omo pronto, no ghe manca chiachiare. Sior Pantalon l’ha sentido a parlar, e el s’ha incantà; el gh’ha scomenzà a infilzar suso trenta o quaranta termini mercantili con franchezza, con spirito, tanto che sior Pantalon s’ha voltà, e l’ha dito: oh che omo de garbo!