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366 ATTO TERZO

Ottavio. V’ho capito. Brighella le ha introdotte per disingannarle, perchè non sospettino male di noi: egli è vero?

Brighella. Signor sì, le ho introdotte per questo. Una diseva che qua se zoga, e se rovina le case; l’altra che vien donne cattive, e se maltratta la reputazion; una voleva che se fasse el lapis philosophorum; l’altra che se cavasse un tesoro. Ste cosse in bocca delle donne le impeniva in poco tempo el paese, e per levarghele dalla testa, el dir no bastava, el criar giera gnente1 e no remediava. Bisognava sincerarle, bisognava che co i so occhi, colle so orecchie le vedesse, le sentisse, e le se cavasse dal cuor sta maledetta curiosità. Le ha visto, le ha sentìo, no le sospetterà più, no le sarà più curiose. Mi l’ho introdotte, mi l’ho fatto per ben, e spero che da sta mia invenzion ghe ne deriva del ben.

Pantalone. No so cossa dir. Ti t’ha tolto una libertà granda; ti ha disobbedio el mio comando; ti meriteressi che te cazzasse subito via de qua. Ma se xe vero che sincerade ste donne le abbia da lassar in pase i so omeni, e lassar in quiete sto nostro liogo, te perdono, te lodo, e te prometto un regalo.

Brighella. Cosa disele, patrone, èle sincerade?

Beatrice. Io non aveva bisogno di vedere, per assicurarmi della prudenza di mio marito.

Ottavio. Perchè dunque siete venuta?

Beatrice. Per contentare mia figlia.

Florindo. La signora Rosaura non mi crede?

Rosaura. Le male lingue mi facevano dubitare, ma io era certissima della vostra fede.

Lelio. E voi, signora consorte carissima, l’avete voluto sostenere quel vostro indegnissimo lo saprò.

Eleonora. Via, marito, non vi è più pericolo ch’io dica lo saprò.

Lelio. Perchè avete saputo.

Corallina. Cari signori, compatiteci: alfin siamo donne.2 Quel sentir dire: là dentro non possono andar le donne, è lo stesso che

  1. Pap. aggiunge: e el darghe, el coparle no remediava.
  2. Segue nell’ed. Pap.: la curiosità è un male comune, ma in noi particolarmente pare che operi più.