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28 ATTO PRIMO

Giacinto. Che dice mio padre? (al Dottore)

Dottore. Non mi vorrebbe dar altro che il sei per cento, ma io per meno del sette non glieli posso fidare.

Giacinto. Se vuole il sette per cento, lo darò io.

Dottore. Ma voi, signore, siete figlio di famiglia?

Giacinto. Figlio di famiglia? Un mercante che traffica del suo, indipendente dal padre, se gli dice figlio di famiglia? Che dite, signor Lelio? Sentite che sorta di bestialità.

Lelio. Quel signore è compatibile. Un medico non ha obbligo di sapere le regole mercantili, e molto meno di conoscere tutti i mercanti.

Dottore. È verissimo; io non so più di così. Conosco il signor Pancrazio, e non conosco altri.

Giacinto. E me non mi conosce?

Dottore. So che siete suo figlio.

Giacinto. E non sa niente di più?

Dottore. Non so di più.

Giacinto. Caro amico, informatelo voi. (a Lelio)

Lelio. Vossignoria sappia che il signor Giacinto negozia del suo...

Giacinto. Che ha nel Banco trentamila ducati. Ditegli tutto.

Lelio. IL signor Giacinto non è figlio di famiglia...

Giacinto. Perchè tiene la sua firma a parte, e che sia il vero, prendete, fategli vedere queste lettere di cambio, queste accettazioni.

Lelio. Ecco qui, guardate: Al signor Giacinto Aretusi di Venezia. Vedete? Accetto ad uso ecc., Giacinto Aretusi. Lettere da lui pagate.

Dottore. È verissimo, ma...

Giacinto. E poi, resti servita, signore. Questo è il mio banco, e quello è di mio padre. Osservi come sono intitolati questi libri: Cassa Giacinto Aretusi, Giornale, Libro Mastro, Salda conti, Registro, Copialettere. Non gli faccio vedere tutte queste cose per volere i suoi denari; non ne ho bisogno, e non ne so che farne. Faccio per giustificare quel che ho detto, e per farle vedere che sono un uomo, e che non sono un ragazzo.

Dottore. Signore, vi prego, non vi riscaldate. Ho piacere di es-