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362 | ATTO TERZO |
Florindo. Io non posso dire così. Amo Rosaura, e peno rammentandomi d’averla disgutata. Ella lo ha meritato, ma il mio cuor mi rimprovera di averla troppo villanamente trattata, (parte)
SCENA VI.
Beatrice, Rosaura, Eleonora e Corallina.
Eleonora. Avete veduto?
Beatrice. Avete sentito?
Corallina. In fatti, chi mi ha detto del tesoro, non ha fallato.
Rosaura. Come non ha fallato? Il tesoro dov’è?
Corallina. Ecco lì. (accenna la porta dove sono entrati gli uomini) Una buona tavola, allegra e di buon cuore, è il più bel tesoro del mondo.
Eleonora. Povero mio marito! Si diverte, non fa alcun male.
Beatrice. Mi pareva impossibile che Ottavio giocasse.
Rosaura. Florindo è un giovine savio e dabbene, ma mi ha rimproverata con troppa crudeltà.
Corallina. Vostro danno, signora, dovevate fidarvi di lui, e non mostrare tanta curiosità.
Rosaura. Me ne ha fatto venir volontà la signora madre.
Beatrice. Io non ho fatto per curiosità, l’ho fatto per impegno.
Eleonora. Anch’io per un puntiglio.
Beatrice. E che sia la verità, andiamo a casa, che non vuò veder altro.
Eleonora. Sì, andiamo, signora Beatrice, che non paia che vogliamo vedere i fatti degli altri.
Rosaura. Oh Dio! Chi sa se Florindo mi vorrà più bene! Vorrei vedere se mangia, o se sta malinconico.
Beatrice. Via, via, basta così. (s’avvia per partire)
Corallina. Aspettate un momento, vedrò io se il signor Florindo mangia, o non mangia. (va a spiare alla porta)
Eleonora. Eh via, che non istà bene spiare alle porte.
Beatrice. Andiamo, andiamo.