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LE DONNE CURIOSE | 349 |
Pantalone. Le varda mo, ghe saravele qua le soe?
Lelio. Corpo di bacco! Ecco le mie.
Ottavio. Oh bella! Ecco le mie.
Pantalone. Le impara a custodirle. Le impara meggio a mantegnir la parola; e le se vergogna de prostituir el decoro1 alle lusinge, alle curiosità delle donne. (entra)
Lelio. Come! Che dite? Cospetto! Cospettonaccio! Mia moglie l’ammazzerò. (entra)
Ottavio. (Fa varie ammirazioni colle chiavi,2 ed entra.)
SCENA XXII.
Florindo solo.
Che imbrogli sono mai questi? Fra quelle chiavi vi sarebbero mai le due che ho dato a Rosaura? No, perchè essi due le hanno per le loro riconosciute; e poi Rosaura capace non sarà di tradirmi. Certamente queste donne ardono di volontà di sapere... Vedo gente... Colui colla lanterna è Arlecchino. Vi è una donna in zendale con lui; che sia forse la signora Beatrice, in traccia di suo marito? Vuò rimpiattarmi ed osservare. (si ritira)
SCENA XXIII.
Rosaura in zendale alla bolognese,
Arlecchino con una lanterna da mano, Florindo ritirato.
Rosaura. Vieni con me, non aver paura.
Arlecchino. Ma mi, siora, in sta sorte de contrabbandi me trema le budelle in corpo.
Rosaura. Insegnami solamente dov’è la porta di quella casa, che già ti ho detto.
Arlecchino. La porta l’è quella lì.