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348 ATTO SECONDO


prender la mano sì di buon’ora, perchè poi ve ne pentirete. Le donne dicono volentieri quella bella parola voglio; e quando si fa loro buona una volta, non la tralasciano più.

Florindo. Non so che dire. Questa volta ho dovuto fare così; un’altra volta poi...

Ottavio. Oh via, regolatevi con prudenza. Amico Lelio, andiamo, e lasciamo in pace questo povero innamorato. (cerca la chiave)

Lelio. Eh amico, quando sarete ammogliato, vedrete il bel divertimento! Se vi tocca una moglie come la mia, volete star fresco.

Ottavio. Che chiavi sono queste?

Lelio. Non sono le vostre chiavi?

Ottavio. Oibò. Ora me ne accorgo: Corallina nel darmi le chiavi ha errato. Questa è quella della cantina, e questa è quella della dispensa. Come diavolo le aveva io in tasca di quell’altro vestito? Non la so capire.

Lelio. Come faremo a entrare? Bisognerà battere.

Ottavio. Ci favorirà il signor Florindo. Ci darà egli le sue.

Florindo. Mi dispiace... ch’io non le ho.

Ottavio. Oh bellissima!

Lelio. Che cosa ne avete fatto?

Florindo. Sapendo che io non veniva questa sera, le ho serrate nel mio burro.

Ottavio. Vedete, egli è un giovine di garbo; custodisce le chiavi; non le perde come fate voi. (a Lelio)

Lelio. E voi le lasciate in balìa delle donne.

Ottavio. Questo è un bel caso: tutti tre senza chiavi.

Lelio. Bisogna battere.

Ottavio. Sì, battiamo. (battono)

SCENA XXI.

Pantalone esce di casa, e detti.

Pantalone. Coss’è, siori, no le gh’ha chiave?

Lelio. Io l’ho perduta.

Ottavio. Ed io l’ho lasciata in casa.