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24 | ATTO PRIMO |
vuol lasciare il denaro, e se può, si approfitti di questa occasione, che nel suo caso non può essere più necessaria.
Pancrazio. Faccenda caro, a prender questi denari ho le mie difficoltà. Se per mia disgrazia i miei creditori mi stringessero per li pagamenti, e dimani fossi costretto a ritirarmi1, questo povero galantuomo, che ora mi dà il suo denaro, domani lo avrebbe perduto, ed io avendolo in tal guisa tradito, diverrebbe il mio fallimento criminale, ed oltre le mie sostanze, perderei anche la riputazione. Fallire per disgrazia, merita compatimento; fallire per malizia, è un delitto da assassini di strada.
Faccenda. Non vuole nemmeno udirlo?
Pancrazio. Fate che venga, gli parlerò. Se si contenterà dell’onesto, supplicherò monsieur Rainmere che li prenda per me. Così il Dottore non li perderà, ed io me ne varrò, se vedrò che possano servirmi a rimaner in piedi, con la speranza di rimettermi e di rimediare al disordine in cui ora sono.
Faccenda. Ma come mai un uomo di tanta onestà, di tanta prudenza, si è ridotto in istato di dover fallire?
Pancrazio. Disgrazie sopra disgrazie. Fallimenti de’ corrispondenti, perdita di roba in mare; e poi mio figlio, quello sciagurato di mio figlio, senza amore, senza riputazione2.
Faccenda. (Povero mio padrone! è veramente degno di compassione) (da sè; parte)
SCENA V.
Pancrazio, poi il Dottor Malazucca.
Pancrazio. Tremo, quando penso che ho da parlare di queste cose a monsieur Rainmere. L’uomo più onorato di questo mondo, il più buon Olandese ch’io abbia mai conosciuto: uomo sincero, di un ottimo cuore. Ho timore che si scandalezzi di me, che mi perda la stima e che mi abbandoni. Anderò con delicatezza, e se vedrò in lui qualche mutazione, mi regolerò con prudenza.