Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1910, IX.djvu/325


LE DONNE CURIOSE 311


della gelosia, e in poco tempo el casin del divertimento el deventa el seminario della discordia. Tolè suso, v’ho dito anca el perchè; siben che no savè più che tanto, intendème per descrizion.

Brighella. Qualcossa ho inteso.

Pantalone. Me basta che intendè ste do parole: qua drento no voggio donne. (parte)

Brighella. Co nol vol che ghe ne vegna, no ghe ne vegnirà. Me preme conservarme un padron che me dà un bon salario, e me preme che vada avanti sta compagnia, perchè ghe la cavo, m’inzegno, e qualche volta la mia zornada no la darave per un zecchin. (parte)

SCENA IV.

Camera di Beatrice in casa di Ottavio.

Beatrice e Rosaura.

Beatrice. Ecco qui al solito. È un’ora che è sonato mezzogiorno, e il mio signor consorte non torna a casa.

Rosaura. Avrà qualche interesse da fare.

Beatrice. Sarà a quel maledetto ridotto.

Rosaura. Può essere che vi sia col signor Florindo. Sogliono andarvi insieme.

Beatrice. Ma che diavolo fanno mattina e sera là dentro?

Rosaura. Bisogna che vi abbiano un gran piacere, perchè non lo lasciano mai.

Beatrice. Giocheranno a rotta di collo.

Rosaura. Io ho paura, signora madre...

Beatrice. Di che?

Rosaura. Che vi sia qualche donna.

Beatrice. Se donne là dentro non ne vogliono.

Rosaura. Dicono che non ne vogliono, ma noi non vi vediamo.

Beatrice. Via, via, questo è un vostro pensier geloso che non ha fondamento. Per me dico che giocheranno.