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22 ATTO PRIMO


peggio, si è rovinato del tutto, ed ha seco precipitato il suo povero genitore.

Faccenda. Qui conviene pensare al rimedio.

Pancrazio. Non saprei dove gettarmi; son fuori di me medesimo.

Faccenda. Mi scusi: ha mai confidato nulla a monsieur Rainmere, a questo Olandese che si ritrova alloggiato in casa sua?

Pancrazio. Vi dirò, voleva dirgli qualche cosa, ma per tre ragioni mi sono trattenuto. Per la prima, sono a lui debitore di sette in ottocento ducati; per la seconda, voi sapete che madamigella Giannina, sua nipote, ha qualche inclinazione per mio figlio, e avendo ella di dote seimila lire sterline, che poco più, poco meno, fanno la somma di quarantamila ducati, se a me riuscisse di fare un tal matrimonio, spererei di rimettermi in piedi. Per questo procuro di tenermi in riputazione coll’amico; ma se sono costretto a render pubbliche le mie indigenze, ho perduto, posso dire, ogni speranza di risorgimento, ho perduto ogni cosa.

Faccenda. Dunque per queste ragioni...

Pancrazio. Ve n’è un’altra. Monsieur Rainmere ha qualche premura per Beatrice mia figlia. A un uomo ricco come lui, potrei sperar di darla con poca dote. Ma se a lui scopro le mie piaghe, tutte le mie speranze svaniscono, perdo il credito, e precipito i miei figliuoli.

Faccenda. Mi perdoni, il credito lo perde se in oggi non paga le cambiali, e se i creditori principiano a sequestrare gli effetti.

Pancrazio. Pur troppo è vero. Penso, rifletto e non so a qual partito appigliarmi.

Faccenda. Quei giovani aspettano; che cosa ho loro da dire?

Pancrazio. Se sono venuti per riscuotere le lettere, dite loro che questa mattina li vedrò a Rialto, che m’attendano al Banco, che farò loro un giro, oppure li pagherò in contanti, come vorranno.

Faccenda. Sì, signore, e dirò che dicano in che monete li vo-