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LA LOCANDIERA 279

Conte. Eccolo lì il signor Cavaliere. È innamorato di voi.

Cavaliere. Io innamorato? Non è vero; mentite.

Mirandolina. Il signor Cavaliere innamorato di me? Oh no, signor Conte, ella s’inganna. Posso assicurarla, che certamente s’inganna.

Conte. Eh, che siete voi pur d’accordo...

Marchese. Si sa, si vede...

Cavaliere. Che si sa? Che si vede? (alterato, verso il Marchese)

Marchese. Dico, che quando è, si sa.... Quando non è, non si vede.

Mirandolina. Il signor Cavaliere innamorato di me? Egli lo nega, e negandolo in presenza mia, mi mortifica, mi avvilisce, e mi fa conoscere la sua costanza e la mia debolezza. Confesso il vero, che se riuscito mi fosse d’innamorarlo, avrei creduto di fare la maggior prodezza del mondo. Un uomo che non può vedere le donne, che le disprezza, che le ha in mal concetto, non si può sperare d’innamorarlo. Signori miei, io sono una donna schietta e sincera: quando devo dir, dico, e non posso celare la verità. Ho tentato d’innamorare il signor Cavaliere, ma non ho fatto niente. È vero, signore? Ho fatto, ho fatto, e non ho fatto niente. (al Cavaliere)

Cavaliere. (Ah! Non posso parlare). (da sè)

Conte. Lo vedete? Si confonde. (a Mirandolina)

Marchese. Non ha coraggio di dir di no. (a Mirandolina)

Cavaliere. Voi non sapete quel che vi dite. (al Marchese, irato)

Marchese. E sempre l’avete con me. (al Cavaliere, dolcemente)

Mirandolina. Oh, il signor Cavaliere non s’innamora. Conosce l’arte. Sa la furberia delle donne: alle parole non crede; delle lagrime non si fida. Degli svenimenti poi se ne ride.

Cavaliere. Sono dunque finte le lagrime delle donne, sono mendaci gli svenimenti?

Mirandolina. Come! Non lo sa, o finge di non saperlo?

Cavaliere. Giuro al cielo! Una tal finzione meriterebbe uno stile nel cuore.

Mirandolina. Signor Cavaliere, non si riscaldi, perchè questi signori diranno ch’è innamorato davvero.