Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1910, IX.djvu/290

278 ATTO TERZO

Marchese. Non mi perdete il rispetto. (al Cavaliere)

Cavaliere. Se vi chiamate offeso, darò soddisfazione anche a voi. (al Marchese)

Marchese. Via; siete troppo caldo. (Mi dispiace...). (da sè, rammaricandosi)

Conte. Io voglio soddisfazione. (si mette in guardia)

Cavaliere. Ve la darò. (vuol levar il fodero, e non può)

Marchese. Quella spada non vi conosce...

Cavaliere. Oh maladetta! (sforza per cavarlo)

Marchese. Cavaliere, non farete niente...

Conte. Non ho più sofferenza.

Cavaliere. Eccola. (cava la spada, e vede essere mezza lama) Che è questo?

Marchese. Mi avete rotta la spada.

Cavaliere. Il resto dov’è? Nel fodero non v’è niente.

Marchese. Sì, è vero; l’ho rotta nell’ultimo duello; non me ne ricordavo.

Cavaliere. Lasciatemi provveder d’una spada. (al Conte)

Conte. Giuro al cielo, non mi fuggirete di mano.

Cavaliere. Che fuggire? Ho cuore di farvi fronte anche con questo pezzo di lama.

Marchese. È lama di Spagna, non ha paura.

Conte. Non tanta bravura, signor gradasso.

Cavaliere. Sì, con questa lama. (s’avventa verso il Conte)

Conte. Indietro. (si pone in difesa)

SCENA XVIII.

Mirandolina, Fabrizio e detti

Fabrizio. Alto, alto, padroni.

Mirandolina. Alto, signori miei, alto.

Cavaliere. (Ah maladetta!) (vedendo Mirandolina)

Mirandolina. Povera me! Colle spade?

Marchese. Vedete? Per causa vostra.

Mirandolina. Come per causa mia?