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LA LOCANDIERA 273


ho nessuno dal cuore che mi difenda. Non ci sarebbe altri che quel buon uomo di Fabrizio, che in un tal caso mi potesse giovare. Gli prometterò di sposarlo... Ma... prometti, prometti, si stancherà di credermi... Sarebbe quasi meglio eh io lo sposassi davvero. Finalmente con un tal matrimonio posso sperar di mettere al coperto il mio interesse e la mia riputazione, senza pregiudicare alla mia libertà.

SCENA XIV.

Il Cavaliere di dentro, e detta; poi Fabrizio.

Il Cavaliere batte per di dentro alla porta.

Mirandolina. Battono a questa porta: chi sarà mai? (s’accosta)

Cavaliere. Mirandolina. (di dentro)

Mirandolina. (L’amico è qui). (da sè)

Cavaliere. Mirandolina, apritemi. (come sopra)

Mirandolina. (Aprirgli? Non sono sì gonza). Che comanda, signor Cavaliere?

Cavaliere. Apritemi. (di dentro)

Mirandolina. Favorisca andare nella sua camera, e mi aspetti, che or ora sono da lei.

Cavaliere. Perchè non volete aprirmi? (come sopra)

Mirandolina. Arrivano de’ forestieri. Mi faccia questa grazia, vada, che or ora sono da lei.

Cavaliere. Vado: se non venite, povera voi. (parte)

Mirandolina. Se non venite, povera voi! Povera me, se vi andassi. La cosa va sempre peggio. Rimediamoci, se si può. È andato via? (guarda al buco della chiave) Sì, sì, è andato. Mi aspetta in camera, ma non vi vado. Ehi? Fabrizio. (ad un’altra porta) Sarebbe bella che ora Fabrizio si vendicasse di me, e non volesse... Oh, non vi è pericolo. Ho io certe manierine,1 certe smorfiette, che bisogna che caschino, se fossero di macigno. Fabrizio. (chiama ad un’altra porta)

  1. Pap., Bett. ecc., aggiungono: certe occhiatine.