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268 | ATTO TERZO |
Marchese. Prezioso, sentite. (le dà la boccetta)
Dejanira. Oh, io ne so fare del meglio. (assaggiandolo)
Marchese. Sapete fare degli spiriti?
Dejanira. Si signore, mi diletto di tutto.
Marchese. Brava, damina, brava. Così mi piace.
Dejanira. Sarà d’oro questa boccetta?
Marchese. Non volete? È oro sicuro. (Non conosce l’oro dal princisbech). (da sè)
Dejanira. È sua, signor Marchese?
Marchese. È mia, e vostra se comandate.
Dejanira. Obbligatissima alle sue grazie. (la mette via)
Marchese. Eh! so che scherzate.
Dejanira. Come? Non me l’ha esibita?
Marchese. Non è cosa da vostra pari. È una bagattella. Vi servirò di cosa migliore, se ne avete voglia.
Dejanira. Oh, mi maraviglio. È anche troppo. La ringrazio, signor Marchese.
Marchese. Sentite. In confidenza. Non è oro. E princisbech.
Dejanira. Tanto meglio. La stimo più che se fosse oro. E poi, quel che viene dalle sue mani, è tutto prezioso.
Marchese. Basta. Non so che dire: servitevi, se vi degnate. (Pazienza! Bisognerà pagarla a Mirandolina. Che cosa può valere? Un filippo?) (da sè)
Dejanira. Il signor Marchese è un cavalier generoso.
Marchese. Mi vergogno a regalar queste bagattelle. Vorrei che quella boccetta fosse d’oro.
Dejanira. In verità, pare propriamente oro. (la tira fuori, e la osserva) Ognuno s’ingannerebbe.
Marchese. È vero, chi non ha pratica dell’oro, s’inganna; ma io lo conosco subito.
Dejanira. Anche al peso par che sia oro.
Marchese. E pur non è vero.
Dejanira. Voglio faria vedere alla mia compagna.
Marchese. Sentite, signora Contessa, non la fate vedere a Mirandolina. È una ciarliera. Non so se mi capite.