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LA LOCANDIERA 265

Cavaliere. Chiamate un altro; colui non lo posso vedere.

Mirandolina. Mi pare ch’ella si avanzi un poco troppo, signor Cavaliere. (si scosta dal tavolino col ferro in mano)

Cavaliere. Compatitemi... son fuor di me.

Mirandolina. Anderò io in cucina, e sarà contento.

Cavaliere. No, cara, fermatevi.

Mirandolina. È una cosa curiosa questa. (passeggiando)

Cavaliere. Compatitemi. (le va dietro)

Mirandolina. Non posso chiamar chi voglio? (passeggia)

Cavaliere. Lo confesso. Ho gelosia di colui. (le va dietro)

Mirandolina. (Mi vien dietro come un cagnolino). (da sè, passeggiando)

Cavaliere. Questa è la prima volta ch’io provo che cosa sia amore.

Mirandolina. Nessuno mi ha mai comandato. (camminando)

Cavaliere. Non intendo di comandarvi: vi prego. (la segue)

Mirandolina. Che cosa vuole da me? (voltandosi con alterezza)

Cavaliere. Amore, compassione, pietà.

Mirandolina. Un uomo che stamattina non poteva veder le donne, oggi chiede amore e pietà? Non gli abbado, non può essere, non gli credo. (Crepa, schiatta, impara a disprezzar le donne). (da sè, e parte).

SCENA VII.

Cavaliere solo.

Oh maledetto il punto, in cui ho principiato a mirar costei! Son caduto nel laccio, e non vi è più rimedio.1 (I)

  1. Segue nelle edd. Pap., Bett. ecc.: Nasca quel che sa nascere, di qui non parto senza qualche ristoro alla mia passione. Lo comprerò a qualunque costo, anche a costo della mia vita medesima, e se Mirandolina, dopo avermi innamorato a tal segno, sarà crudele con me, giuro al cielo, sarò risoluto con lei.