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262 | ATTO TERZO |
Mirandolina. In verità, signor Cavaliere, dei regali io non ne prendo. (con disprezzo, stirando)
Cavaliere. Li avete pur presi dal conte d’Albafiorita.
Mirandolina. Per forza. Per non disgustarlo. (stirando)
Cavaliere. E vorreste fare a me questo torto? e disgustarmi?
Mirandolina. Che importa a lei, che una donna la disgusti? Già le donne non le può vedere.
Cavaliere. Ah, Mirandolina! ora non posso dire così.
Mirandolina. Signor Cavaliere, a che ora fa la luna nuova?
Cavaliere. Il mio cambiamento non è lunatico. Questo è un prodigio della vostra bellezza, della vostra grazia.
Mirandolina. Ah, ah, ah. (rìde forte, e stira)
Cavaliere. Ridete?
Mirandolina. Non vuol che rida? Mi burla, e non vuol ch’io rida?
Cavaliere. Eh furbetta! Vi burlo eh? Via, prendete questa boccetta.
Mirandolina. Grazie, grazie. (stirando)
Cavaliere. Prendetela, o mi farete andare in collera.
Mirandolina. Fabrizio, il ferro. (chiamando forte, con caricatura)
Cavaliere. La prendete, o non la prendete? (alterato)
Mirandolina. Furia, furia. (Prende la boccetta, e con disprezzo la getta nel paniere della biancheria)
Cavaliere. La gettate così?
Mirandolina. Fabrizio. (chiama forte, come sopra)
SCENA V.
Fabrizio col ferro, e detti.
Fabrizio. Son qua. (vedendo il Cavaliere s’ingelosisce)
Mirandolina. È caldo bene? (prende il ferro)
Fabrizio. Signora sì. (sostenuto)
Mirandolina. Che avete, che mi parete turbato? (a Fabrizio, con tenerezza)
Fabrizio. Niente, padrona, niente.