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260 ATTO TERZO

SCENA III.

Mirandolina, poi Fabrizio.

Mirandolina. Uh, è cotto, stracotto e biscottato! Ma siccome quel che ho fatto con lui, non l’ho fatto per interesse, voglio ch’ei confessi la forza delle donne, senza poter dire che sono interessate e venali.

Fabrizio. Ecco qui il ferro. (sostenuto, col ferro da stirare in mano)

Mirandolina. È ben caldo?

Fabrizio. Signora sì, è caldo; così foss’io abbruciato.

Mirandolina. Che cosa vi è di nuovo?

Fabrizio. Questo signor Cavaliere manda le ambasciate, manda i regali. Il servitore me l’ha detto.

Mirandolina. Signor sì, mi ha mandato una boccettina d’oro, ed io gliel’ho rimandata indietro.

Fabrizio. Gliel’avete rimandata indietro?

Mirandolina. Sì, domandatelo al servitore medesimo.

Fabrizio. Perchè gliel’avete rimandata indietro?

Mirandolina. Perchè... Fabrizio... non dica... Orsù, non parliamo altro.

Fabrizio. Cara Mirandolina, compatitemi.

Mirandolina. Via, andate, lasciatemi stirare.

Fabrizio. Io non v’impedisco di fare...

Mirandolina. Andatemi a preparare un altro ferro, e quando è caldo, portatelo.

Fabrizio. Sì, vado. Credetemi, che se parlo...

Mirandolina. Non dite altro. Mi fate venire la rabbia.

Fabrizio. Sto cheto. (Ell’è una testolina bizzarra, ma le voglio bene). (da sè, e parte)

Mirandolina. Anche questa è buona. Mi faccio merito con Fabrizio d’aver ricusata la boccetta d’oro del Cavaliere. Questo vuol dir saper vivere, saper fare, saper profittare di tutto, con buona grazia, con pulizia, con un poco di disinvoltura. In materia d’accortezza, non voglio che si dica ch’io faccio torto al sesso. (va stirando)