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258 ATTO TERZO


in queste cose; ma so che per me lo fate volentieri, ed io... basta, non dico altro.

Fabrizio. Per me vi porterei l’acqua colle orecchie. Ma vedo che tutto è gettato via.

Mirandolina. Perchè gettato via? Sono forse un’ingrata?

Fabrizio. Voi non degnate i poveri uomini. Vi piace troppo la nobiltà.

Mirandolina. Uh povero pazzo! Se vi potessi dir tutto! Via, via, andatemi a pigliar il ferro.

Fabrizio. Ma se ho veduto io con questi miei occhi...

Mirandolina. Andiamo, meno ciarle. Portatemi il ferro.

Fabrizio. Vado, vado,1 vi servirò, ma per poco. (andando)

Mirandolina. Con questi uomini, più che loro si vuol bene, si fa peggio. (mostrando parlar da sè, ma per esser sentita)

Fabrizio. Che cosa avete detto? (con tenerezza, tornando indietro)

Mirandolina. Via, mi portate questo ferro?

Fabrizio. Sì, ve lo porto. (Non so niente. Ora la mi tira su, ora la mi butta giù. Non so niente). (da sè, parte)

SCENA II.

Mirandolina, poi il Servitore del Cavaliere.

Mirandolina. Povero sciocco! Mi ha da servire a suo marcio dispetto. Mi par di ridere a far che gli uomini facciano a modo mio. E quel caro signor Cavaliere, ch’era tanto nemico delle donne? Ora, se volessi, sarei padrona di fargli fare qualunque bestialità.

Servitore. Signora Mirandolina.

Mirandolina. Che c’è, amico?

Servitore. Il mio padrone la riverisce, e manda a vedere come sta?

Mirandolina. Ditegli che sto benissimo.

  1. Nelle edd. Pap., Bett. ecc., c’è qui un punto fermo.