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242 | ATTO SECONDO |
Cavaliere. (Tutti sì). (con qualche passione, piano a Mirandolina)
Marchese. Ehi? Tre bicchierini politi. (al servitore, il quale glieli porta sopra una sottocoppa)
Mirandolina. Per me non ne voglio più.
Marchese. No, no, non dubitate: non faccio per voi. (mette del vino di Cipro nei tre bicchierini) Galantuomo, con licenza del vostro padrone, andate dal conte d’Albafiorita, e ditegli per parte mia, forte, che tutti sentano, che lo prego di assaggiare un poco del mio vino di Cipro.
Servitore. Sarà servita. (Questo non li ubbriaca certo). (da sè; parte)
Cavaliere. Marchese, voi siete assai generoso.
Marchese. Io? Domandatelo a Mirandolina.
Mirandolina. Oh certamente!
Marchese. L’ha veduto il fazzoletto il Cavaliere? (a Mirandolina)
Mirandolina. Non lo ha ancora veduto.
Marchese. Lo vedrete. (al Cavaliere) Questo poco di balsamo me lo salvo per questa sera. (ripone la bottiglia con un dito di vino avanzato)
Mirandolina. Badi che non gli faccia male, signor Marchese.
Marchese. Eh! Sapete che cosa mi fa male? (a Mirandolina)
Mirandolina. Che cosa?
Marchese. I vostri begli occhi.
Mirandolina. Davvero?
Marchese. Cavaliere mio, io sono innamorato di costei perdutamente.
Cavaliere. Me ne dispiace.
Marchese. Voi non avete mai provato amor per le donne. Oh, se lo provaste, compatireste ancora me.
Cavaliere. Sì, vi compatisco.
Marchese. E son geloso come una bestia. La lascio stare vicino a voi, perchè so chi siete; per altro non lo soffrirei per centomila doppie.
Cavaliere. (Costui principia a seccarmi). (da sè)