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LA LOCANDIERA | 237 |
Mirandolina. Cento volte mi hanno voluto obbligare a bere qualche cosa, o a mangiare, e non ho mai voluto farlo.
Cavaliere. Via, accomodatevi.
Mirandolina. Per obbedirla. (siede, e fa la zuppa nel vino)
Cavaliere. Senti. (al servitore, piano) (Non lo dire a nessuno, che la padrona sia stata a sedere alla mia tavola).
Servitore. (Non dubiti). (Questa novità mi sorprende). (da sè)
Mirandolina. Alla salute di tutto quello che dà piacere al signor Cavaliere.
Cavaliere. Vi ringrazio, padroncina garbata.
Mirandolina. Di questo brindisi alle donne non ne tocca.
Cavaliere. No? Perchè?
Mirandolina. Perchè so che le donne non le può vedere.
Cavaliere. È vero, non le ho mai potute vedere.
Mirandolina. Si conservi sempre così.
Cavaliere. Non vorrei... (si guarda dal servitore)
Mirandolina. Che cosa, signore?
Cavaliere. Sentite. (le parla nell’orecchio) (Non vorrei che voi mi faceste mutar natura).
Mirandolina. Io, signore? Come?
Cavaliere. Va via. (al servitore)
Servitore. Comanda in tavola?
Cavaliere. Fammi cucinare due uova, e quando son cotte, portale.
Servitore. Come le comanda le uova?
Cavaliere. Come vuoi, spicciati.
Servitore. Ho inteso. (Il padrone si va riscaldando). (da sè; parte)
Cavaliere. Mirandolina, voi siete una garbata giovine.
Mirandolina. Oh signore, mi burla.
Cavaliere. Sentite. Voglio dirvi una cosa vera, verissima, che ritornerà in vostra gloria.
Mirandolina. La sentirò volentieri.
Cavaliere. Voi siete la prima donna di questo mondo, con cui ho avuto la sofferenza di trattar con piacere.
Mirandolina. Le dirò, signor Cavaliere: non già ch’io meriti niente, ma alle volte si danno questi sangui che s’incontrano.