Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1910, IX.djvu/233


LA LOCANDIERA 221


Ortensia. Buon giorno, quella giovane.

Dejanira. Signora padrona, vi riverisco. (a Mirandolina)

Ortensia. Ehi! (fa cenno a Dejanìra, che si sostenga)

Mirandolina. Permetta ch’io le baci la mano. (ad Ortensia)

Ortensia. Siete obbligante. (le dà la mano Dejanìra. (Ride da sè.)

Mirandolina. Anche ella, illustrissima. (chiede la mano a Dejanira)

Dejanira. Eh, non importa...

Ortensia. Via, gradite le finezze di questa giovane. Datele la mano.

Mirandolina. La supplico.

Dejanira. Tenete. (le dà la mano, si volta, e ride)

Mirandolina. Ride, illustrissima? Di che?

Ortensia. Che cara Contessa! Ride ancora di me. Ho detto uno sproposito, che l’ha fatta ridere.

Mirandolina. (Io giuocherei che non sono dame. Se fossero dame, non sarebbero sole). (da sè)

Ortensia. Circa il trattamento, converrà poi discorrere. (a Mirandolina)

Mirandolina. Ma! Sono sole? Non hanno cavalieri, non hanno servitori, non hanno nessuno?

Ortensia. Il Barone mio marito...

Dejanira. (Ride forte.)

Mirandolina. Perchè ride, signora? (a Dejanira)

Ortensia. Via, perchè ridete?

Dejanira. Rido del Barone di vostro marito.

Ortensia. Sì, è un cavaliere giocoso: dice sempre delle barzellette; verrà quanto prima col conte Orazio, marito della Contessina.

Dejanira. (Fa forza per trattenersi da ridere.)

Mirandolina. La fa ridere anche il signor Conte? (a Dejanira)

Ortensia. Ma via, Contessina, tenetevi un poco nel vostro decoro.

Mirandolina. Signore mie, favoriscano in grazia. Siamo sole, nessuno ci sente. Questa contea, questa baronia, sarebbe mai...

Ortensia. Che cosa vorreste voi dire? Mettereste in dubbio la nostra nobiltà?