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214 | ATTO PRIMO |
per quelli che la sanno conoscere; e in verità, illustrissimo, la do per esser lei, ad un altro non la darei.
Cavaliere. Per esser lei! Solito complimento.
Mirandolina. Osservi il servizio di tavola.
Cavaliere. Oh! Queste tele di Fiandra, quando si lavano, perdono assai. Non vi è bisogno che le insudiciate per me.
Mirandolina. Per un cavaliere della sua qualità, non guardo a queste piccole cose. Di queste salviette ne ho parecchie, e le serberò per V. S. illustrissima.
Cavaliere. (Non si può però negare, che costei non sia una donna obbligante). (da sè)
Mirandolina. (Veramente ha una faccia burbera da non piacergli le donne). (da sè)
Cavaliere. Date la mia biancheria al mio cameriere, o ponetela lì, in qualche luogo. Non vi è bisogno che v’incomodiate per questo.
Mirandolina. Oh, io non m’incomodo mai, quando servo cavalieri di sì alto merito.
Cavaliere. Bene, bene, non occorr’altro. (Costei vonebbe adularmi. Donne! Tutte così). (da sè)
Mirandolina. La metterò nell’arcova.
Cavaliere. Sì, dove volete. (con serietà)
Mirandolina. (Oh! vi è del duro. Ho paura di non far niente). (da sè; va a riporre la biancheria)
Cavaliere. (I gonzi sentono queste belle parole, credono a chi le dice, e cascano). (da sè)
Mirandolina. A pranzo, che cosa comanda? (ritornando senza la biancheria)
Cavaliere. Mangerò quello che vi sarà.
Mirandolina. Vorrei pur sapere il suo genio. Se le piace una cosa più dell’altra, lo dica con libertà.
Cavaliere. Se vorrò qualche cosa, lo dirò al cameriere.
Mirandolina. Ma in queste cose gli uomini non hanno l’attenzione e la pazienza che abbiamo noi altre donne. Se le piacesse qualche intingoletto, qualche salsetta, favorisca di dirlo a me.