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210 ATTO PRIMO


Mirandolina. Ma che credi tu ch’io mi sia? Una frasca? Una civetta? Una pazza? Mi maraviglio di te. Che voglio fare io dei forestieri che vanno e vengono? Se li tratto bene, lo fo per mio interesse, per tener in credito la mia locanda. De’ regali non ne ho bisogno. Per far all’amore? Uno mi basta: e questo non mi manca; e so chi merita, e so quello che mi conviene. E quando vorrò maritarmi... mi ricorderò di mio padre. E chi averà servito bene, non potrà lagnarsi di me. Son grata. Conosco il merito... Ma io non son conosciuta. Basta, Fabrizio, intendetemi, se potete. (parte)

Fabrizio. Chi può intenderla, è bravo davvero. Ora pare che la mi voglia, ora che la non mi voglia. Dice che non è una frasca, ma vuol far a suo modo. Non so che dire. Staremo a vedere. Ella mi piace, le voglio bene, accomoderei con essa i miei interessi per tutto il tempo di vita mia. Ah! bisognerà chiuder un occhio, e lasciar correre qualche cosa. Finalmente i forestieri vanno e vengono. Io resto sempre. Il meglio sarà sempre per me. (parte)

SCENA XI.

Camera del Cavaliere.1

Il Cavaliere ed un Servitore.

Servitore. Illustrissimo, hanno portato questa lettera.

Cavaliere. Portami la cioccolata. (il servitore parte) (Il Cavaliere apre la lettera.)  Siena, primo Gennaio 1753. (Chi scrive?) Orazio Taccagni. Amico carissimo. La tenera amicizia che a voi mi lega, mi rende sollecito ad avvisarci essere necessario il vostro ritorno in patria. È morto il Conte Manna... (Povero cavaliere! Me ne dispiace). Ha lasciato la sua unica figlia nubile erede di centocinquanta mila scudi. Tutti gli amici vo-

  1. Così le edd. Pap., Bett. ecc. Manca questa indicazione nelle edd. Pasquali, Zatta ecc.