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60 | ATTO SECONDO |
Marchese. Basta così, non ne parliamo più. L’onore che mi fate col credermi degno delle vostre giustificazioni, compensa qualunque mio dispiacere; nè devo io permettere che una dama mi chieda scusa.
Eularia. Son persuasa della vostra bontà; ma permettetemi che vi dica almeno come la cosa è andata.
Marchese. Sarà stato un accidente.
Eularia. Sì, è stato il paggio. Ha ritrovato alcuna di quelle pere molto mature; le ha credute marcie, e le ha gettate dalla finestra. È stato quell’impertinente del paggio.
Paggio. Signore, non è vero, non sono stato io. È stato il padrone.
Eularia. Via di qua, disgraziato.
Paggio. È stato il padrone che le ha gettate, non sono stato io.
Marchese. Don Roberto?
Eularia. Non gli badate. Via di qua.
Paggio. E ha detto, sian maledette le pere e chi...
Eularia. Impertinente. (gli dà uno schiaffo) Chi è di là?
SCENA XI.
Un Servitore e detti.
Eularia. Cacciate via costui. In anticamera non lo voglio più.
Paggio. Non sa far altro che dare degli schiaffi e fare le fusa torte. (parte col servitore)
Eularia. (Mai più ragazzi in casa. Domani lo mando via). (da sè)
Marchese. (Parmi che vi sieno dei torbidi). (da sè)
Eularia. Quel ragazzaccio1 mi fa venire la rabbia.
Marchese. Non vi alterate per questo. Io credo a tutto quello che dite voi.
Eularia. Sappiate, per dirvi la cosa com’è, che una pera era veramente fracida, e mio marito l’ha gittata dalla finestra.
Marchese. (E sarà quella probabilmente che mi ha colpito). (da sè) Signora, mi rincresce vedervi stare in disagio per causa mia.
- ↑ Pap.: ragazzettaccio.