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I PETTEGOLEZZI DELLE DONNE | 495 |
SCENA XVIII.
Checchina dall’osteria, seguita da Lelio, e detti.
Lelio. Fermatevi. (a Checchina)
Checca. Via, sior, lassème star.
Salamina. Ecco la scellerata.
Toni. La xe col foresto.
Checca. Sior pare, aiuto.
Toni. Andè via de qua, mi no son vostro pare.
Checca. Agiuteme, che son assassinada.
Toni. Sassinada da chi?
Checca. M’ho trovà all’ostaria, e no so come.
Toni. No savè come? La diga ela, patron, come xelo sto negozio?
Lelio. Vi dirò, stavo qui passeggiando... così per prendere il fresco. Venne questa povera ragazza, la quale mostrava essere disperata. Con tutta gentilezza le ho chiesto che cosa aveva. Ella è svenuta, ed io per assisterla l’ho condotta nell’osteria. Ora che è rinvenuta, fugge da me, e invece di ringraziarmi, mi tratta come assassino.
Toni. Adesso intendo. Povera putta, la xe innocente.
Salamina. Eh, io non credo a gente sospetta. Questa esser potrebbe una favola.
SCENA XIX.
Beatrice, poi Eleonora e dette.
Beatrice. Signori, credete a quanto dice Checchina, poichè io dalla finestra ho veduto ogni cosa. L’ho veduta svenire, e l’ho veduta soccorrere da quel signore.
Eleonora. Sì certamente, signori miei, la cosa è così come la narra la signora Beatrice. Io dietro la finestra ho goduto due belle scene, una del signor Lelio e una di Checchina, e mi sono consolata, quando l’ho veduta soccorrere.
Toni. Sèntela, sior Ottavio? Sta putta xe innocente; sta putta xe una colomba.
Salamina. Ma perchè disperarsi?