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LA DAMA PRUDENTE 35

Paggio. Vado subito. (parte)

Roberto. Oh mondo guasto! Oh mode insolentissime! Ecco qui, per uniformarmi al costume, per non farmi ridicolo, ho da soffrire, ho da fremere, ho da crepare di gelosia, e ho da studiare di non comparire geloso. (parte)

SCENA X.

Camera di donna Rodegonda.

Donna Rodegonda, donna Emilia, poi un Cameriere.

Rodegonda. Spero, donna Emilia, che vi tratterrete qualche tempo in questa città.

Emilia. Io ci starei volentieri, ma dipendo da mio marito.

Rodegonda. Egli non ci abbandonerà così presto.

Emilia. Sapete che una lite l’ha qui condotto, e da questa dipendono le sue risoluzioni.

Rodegonda. Casa mia tanto più si crederà onorata, quanto più vi compiacerete restarvi.

Emilia. Gradisco le vostre grazie, col rossore di non meritarle.

Rodegonda. Favorite d’accomodarvi.

Emilia. Lo faccio per obbedirvi.

Rodegonda. Orsù, amica, datemi licenza ch’io vi tratti secondo la mia maniera di vivere, che vale a dire schietta e libera, senza affettazioni1. Casa mia è casa vostra. Trattiamoci con amicizia, con cordialità, essendo io inimicissima dei complimenti.

Emilia. Questa è una cosa che mi comoda infinitamente. Chi è avvezzo a vivere in un piccolo paese, come fo io, pena a doversi adattare ai cerimoniali delle gran città2.

  1. Pap. aggiunge: senza caricature. Delle cerimonie ne abbiamo fatte tante che basta.
  2. Segue nell’ed. Pap.: «Anch’io sono nata in una metropoli, ma sono da tanti anni accostumata alla libertà. Rod. Donna Emilia, avete fatto pianger nessuno nella Vostra partenza? Em. Oh, che dite mai? In un castello, in un borgo, guai se si vedesse uno a piangere per una donna. Rod. Dunque colà si trattano poco, per quel ch’io sento. Em. Sì conversa, ma con una gran ecc.»,