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Chiunque ha l’onor di conoscerla, compatirà le mie sollecitudini, le quali non tesero mai ad altro che a procurar di rendermi compatito da chi più sa; e l’E. V. che tanto gli altri sorpassa in ogni genere di sapere, da me esigeva maggiore stima e desiderio maggiore. So che un tale mio fortunato acquisto avrà contro di me esacerbata l’invidia, ma questa potrà poi meno insultarmi, trovandomi da sì forte scudo difeso. Chi è che ardisca di opporsi alle decisioni autorevoli dell’E. V.? Un’opera da lei lodata dee rispettarsi da chi che sia; e vergognarsi deve, in mezzo agli applausi più risonanti, chi a lei dispiace. Nè credasi qui da taluno, ch’io voglia con adulazione servile alzar il merito di un Protettore mio, col fine interessato di far valere per rispettabili le decisioni sue alle Opere mie favorevoli. Nota è dell’E. V., non meno del suo sapere, la sua esimia sincerità. Ella non ha lasciato di condannare in me ancora quello che degno non ha creduto della sua approvazione, e ciò maggiormente fa risaltare il compiacimento che delle cose più compatibili ha risentito. Non mi scorderò mai l’onore che l’E. V. ha voluto farmi la sera medesima in cui si rappresentò per la prima volta in Venezia quella Commedia mia, che e intitolata Terenzio1. A sei ore di notte, terminata la recita, piacque alla di lei benignità portarsi alla mia casa medesima a consolarmi, a rallegrarsi meco, a dirmi cose che impresse mi staranno eternamente nel cuore, e che insuperbito mi avrebbono, se cauto reso dall’esperienza, non mi fossi poi ricordato che una Commedia cattiva mi avrebbe fatto perdere un giorno il merito, che con questa parevami di avere allora acquistato. Non mancarono il giorno dietro i Critici che la volevano annichilata, ed era per me la più valida, la più onorata difesa l’approvazione di V. E., e questa fece ammutolire i più arditi, ed illuminò coloro che meno capaci erano di giudicare. Ma che dirò io frattanto della Commedia che all’E. V. con questo mio riverente foglio ardisco di presentarle? Ella vedrà benissimo, e lo ravviserà ciascheduno, che un’occasione io cerco di

  1. Nell’ottobre del 1754.