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382 | ATTO PRIMO |
Rosaura. Benissimo, di questo si può far a meno.
Anselmo. Gioie false, no certo.
Rosaura. Qualche cosa al collo ci vuole.
Anselmo. O buone, o niente.
Rosaura. Signor sì, mi contento.
Anselmo. Polvere, no sicuro.
Rosaura. Si può andar senza.
Anselmo. Tanti imbrogli di pizzi, di nastri, tutto via.
Rosaura. Sì, tutto via.
Anselmo. (La giovane si va accomodando bene). (da sè)
Rosaura. (Quando il marito è buono, si può far tutto). (da sè)
Anselmo. Oro, argento sugli abiti non ne voglio.
Rosaura. Non ne porterò.
Colombina. Signore, con licenza. (ad Anselmo) (È qui il signor Lelio, che desidera parlarvi; egli sa che siete in collera con esso lui, e vi vorrebbe placare). (piano a Rosaura)
Rosaura. (Placarmi? Vengo subito). (a Colombina)
Colombina. (Che bella figura per una giovinotta! Io non lo prenderei certamente). (piano a Rosaura, e parte)
Anselmo. Per tornire al nostro proposito, io non voglio conversazioni.
Rosaura. Via, via, signore; basta così. Volete troppe cose; parleremo poi con più comodo. (parte)
Anselmo. Costei è una pazza. Eh, ch’io sarei stolido, se io volessi ammogliarmi in una città. È meglio che mi prenda una donna delle mie montagne; ma lassù non v’è nessuna che mi piaccia. Se potessi trovare una cittadina senza ambizione, sarebbe il caso mio: ma sarà difficile.
SCENA XX.
Diana ed Anselmo.
Anselmo. Quella giovane, dite al vostro padrone che vado via, e ci rivederemo. (a Diana)
Diana. Al mio padrone? Chi crede ella ch’io sia?